Partendo da una coerente concezione spirituale non materialistica, cerchiamo di trovare un ordine sulla creazione e sulla realtà quanto mai necessario nell’era della dimenticanza.
Qui il video dell’articolo
Pubblicato anche su Attivismo.info, Sfero, Ovidio Network
Questo è l’ottavo articolo di un nuovo ciclo in cui cerco di organizzare un insieme di personali osservazioni, deduzioni e riflessioni in merito al nostro essere e alla realtà, argomenti che da sempre mi coinvolgono profondamente.
La necessità di questa operazione nasce dalla constatazione di una situazione alquanto particolare in relazione a questo ambito di interesse, una situazione che si inserisce nel quadro più ampio dell’ormai decadente civiltà, caratterizzato da una cancellazione/sostituzione di valori.
La cultura “vincente” è sostanzialmente virata verso una totale resa/accettazione al materialismo: oltre alla materia ormai niente sembra più poter essere infinito, men che meno l’uomo inteso come essere fondamentalmente spirituale, nonostante sia l’unico ente di questa realtà in grado di generare pensiero, elaborare e contemplare tutti i concetti possibili, oltre a tutto il resto.
Le estese mancanze del materialismo in ordine ad una possibile comprensione ontologica della realtà e dell’uomo stesso, sulle quali ho scritto negli articoli precedenti, sono oscurate dalle conquiste tecnologiche, in grado di illudere sulla reale comprensione di questi ambiti.
La tecnologia permette tali distrazioni e la timorosa “rimozione” della nostra finitezza biologica, oscurando la possibile consapevolezza di ordine superiore sulla nostra oggettiva straordinarietà rispetto alla realtà materiale.
L’altro lato della “barricata”, quello spirituale, tende a non essere creativamente comunicante al suo interno, incapace o non intenzionato a costruire un argine alla deriva materialista, questione che ho già affrontato qui e qui, con una particolare attenzione alle religioni storiche.
Dal canto suo, il versante non religioso di questo ambito, spesso addirittura anti-religioso, appare impantanato nella sponsorizzazione di un “olismo” che però non riesce a comporre un quadro coerente, in cui i diversi saperi dell’uomo possano veramente integrarsi senza confondersi e senza confondere i loro rispettivi campi e limiti di prospettiva.
Questo è dovuto ad una sostanziale incapacità di reggere l’assalto del materialismo, dell’ateismo, delle psico-“scienze” e della “scienza”, in realtà ormai scientismo, incapacità che ha prodotto una pseudo spiritualità in cui la “nuova era” tanto auspicata sembra inerme alla distopia che stiamo costruendo, se non del tutto coerente.
Ciò che a mio modo di vedere caratterizza tale ambito è la sua sostanziale incapacità di essere veramente spirituale, perché inglobando di fatto lo spirito nella natura elimina il trascendente dal suo orizzonte, diventando così materialista.
Vediamo ora il percorso più recente che ci ha portato fin qui: dopo questa iniziale premessa di carattere metodologico su filosofia e verità, nel secondo iniziavo a svolgere una critica al materialismo, nel seguente parlavo della necessità di riscoprire lo spirito, nel quarto tornavo sull’assolutismo materialista, nel quinto svolgevo una riflessione sulla dualità dell’esistenza, con il sesto affrontavo il problema della coscienza mentre il settimo, precedente a questo, era la volta di parlare della realtà.
Oltre a questi contenuti più ponderati, ho un articolo-contenitore su questo blog chiamato Coscienza, conoscenza, trascendenza dove raccolgo brevi interventi pubblicati in rete; oltre a questo ho una serie di video nel canale omonimo al blog, dove svolgo delle riflessioni a braccio raccolte in una playlist chiamata Spiritualità.
Ovviamente e necessariamente, almeno per le mie esigenze, in ognuno di questi contenuti i diversi aspetti si intersecano sempre, con varie gradazioni, non dimenticando comunque di mostrare sullo sfondo l’esigenza culturale e politica dei nostri tempi, una costruzione assai difficile, ma senza la quale ogni riflessione sarà vana in quanto incapace, se non organizzata in modo creativo ed efficace, a bilanciare la deriva tecno-distopica in atto.
A questo punto del percorso, credo sia ora di sviluppare quanto avevo necessariamente previsto e accennato in due dei precedenti sette articoli, ma rimandato ad uno spazio adeguato, uno sviluppo che vorrei far partire da questo assunto: se la concezione che noi siamo esseri spirituali e per questo trascendenti e immortali è corretta, diventa necessariamente l’idea fondamentale da cui partire per comporre un quadro coerente dell’essere e della realtà, l’unica dalla quale si possano iniziare a trarre delle deduzioni efficaci per cercare di allargare questo quadro con ipotesi coerenti, in modo da farlo diventare sempre più ampio.
Vediamo quindi i due sviluppi che anticipavo nei precedenti articoli, partendo dal terzo della serie intitolato Scopriamo la libertà dello spirito: può salvarci dalla tecno-distopia:
«Se la dimensione creatrice è quella dello spirito, che quindi ci appartiene in quanto ne siamo “costituenti”, lasciamo che attraverso il nostro essere creativo si possa mantenere quella libertà di pensiero che ci permetterà di riannodare i fili e le motivazioni delle nostre stesse creazioni, che forse abbiamo occultato da qualche “parte” per ragioni che, con tutta evidenza, la storia del pensiero non sembra ancora aver inquadrato correttamente».
Nel sesto, intitolato Credere nell’unica dimensione porta al tecno-totalitarismo affermavo ulteriormente:
«Noi umani ci troviamo così ad essere “titolari” di questi corpi, ma in gran parte ignari della nostra vera dimensione, del nostro passato, delle nostre prerogative spirituali e delle responsabilità conseguenti a tale essere – le ragioni di questa ignoranza ci porterebbero ora troppo lontano, faranno parte di un altro contenuto. A margine, abbiamo ovviamente molte altre questioni, come le ipotesi sul fatto che l’universo apparirebbe troppo grande per una sola specie, idea che aprirebbe all’esistenza di varie altre civiltà e razze. Abbiamo insomma problematiche assai complesse che richiederebbero ben altro spazio per essere ben comprese, ma comunque non inficiano il quadro generale: dalla sua dimensione creativa e trascendente, ad un certo momento lo spirito, inteso come l’insieme degli esseri spirituali, decide di generare un universo e di prendere possesso di alcune linee genetiche poste opportunamente per essere in qualche modo usate».
Capirete quanto l’ordine di idee che propongo ed i panorami conseguenti aprano un’infinità di questioni, di possibili analisi e confronti, oltre a una marea di integrazioni di dati fra filosofia, religione, matematica, psicologia, fisica, etnologia, archeologia, sociologia, storia e quant’altro.
Il mondo del pensiero è strapieno di tutto ciò, anche se, a mio modo di vedere e soprattutto in questa epoca di vittoria del materialismo, in modo prevalentemente “inefficace” in ordine all’obiettivo di una coerente ed equilibrata comprensione globale.
Per ottenere una coerenza capace di farci fare un avanzamento, occorre collegare idee, teorie ed osservazioni in un quadro razionale, accogliendo dalle varie discipline e dalle diverse visioni dell’uomo e della realtà quei “sensi” che possono comporre un insieme logico, ordinandoli però in modo organico partendo dall’assunto di base dello spirito e della sua trascendenza, perché dimensioni creatrici di tutte le creazioni possibili.
Se non si considera la necessità di una dimensione creatrice, i saperi dell’uomo sono destinati, proprio come sta accadendo ora, a “rimbalzare” le loro teorie e le loro prassi all’interno dell’universo materiale perché considerato bastante a se stesso, lasciando allo spirito un destino che potrà anche accettare, come un condannato all’ergastolo che per giunta abbia battuto la testa e perso la memoria accetta la sua prigione e il mondo che sta fuori.
Ad ogni modo, non sto certo affermando che non ci siano persone che nel corso della storia abbiano tentato il lavoro che ritengo necessario, anzi, la storia della filosofia e della filosofia religiosa è piena di questa tensione, ma non solo: anche dal mondo laico e scientifico c’è una ristretta minoranza che ammette l’inevitabile necessità di guardare alla spiritualità, come mi pare faccia ultimamente Faggin ad esempio, che devo ancora approfondire.
Ad ogni modo, da quello che ho studiato negli anni credo addirittura che il lavoro di integrazione della conoscenza e delle dimensioni, in cui lo spirito sia considerato la causa ultima di tutto, sia andato a buon fine già nel secolo scorso, per quanto possibile e trasmissibile in questa dimensione.
Questo per dire che con quanto scrivo non pretendo certo di rivelare chissà cosa o sostituirmi a chicchessia, anche se non faccio menzione di alcuna filosofia o percorso per non influenzare in un modo o nell’altro e/o cadere nel meccanismo divisivo oggi amplificato dalla social-mediaticità, sul quale continuo anche recentemente a scrivere, qui e qui, per mettere in guardia.
Il mio scopo, come sempre, è quello di provare a dare un contributo utile a riflettere sui problemi e sulle tendenze del presente, situazioni sulle quali, evidentemente, quanto sin qui espresso dal pensiero e dalle prassi umane non sembra sufficiente ad evitarne gli esiti più nefasti.
Tornando a noi e alle questioni ancora inevase che riportavo dai precedenti articoli, vediamo quindi di porre delle questioni che potrebbero essere in grado di darci una possibile “logica” interpretativa della realtà e dell’essere, nel modo meno dogmatico possibile, ma più “funzionale” in ordine allo scopo di creare un quadro coerente, capace di colmare l’enorme e oggettivo “divario” fra l’idea metafisica di una nostra natura spirituale trascendente, addirittura dotata della prerogativa della creazione, e la realtà per come ci appare: un essere sì capace di cose meravigliose, ma anche di abiette nefandezze.
Capirete bene come su questa profonda contraddizione l’uomo possa aver costruito tutta una serie di pensieri, filosofie, sistemi di potere e protocolli di annichilimento dell’essere, che lasciano ben poca speranza per un “bene” collettivo libero e responsabile: la tecno-distopia che stiamo perfezionando ne è la prova più avanzata e pericolosa, perché data la capacità culturale e tecnologica di limitare il pensiero alla materia e ai corpi, prossimamente anche trans-umani, l’essere sarà sempre meno capace e intenzionato a “guardare oltre” per “ricordare-ritornare”.
Oltre questa drammatica dicotomia fra essere positivo/negativo, responsabile/irresponsabile, abbiamo il problema del perché una dimensione spirituale trascendente e sostanzialmente bastante a se stessa abbia deciso la creazione, anche e soprattutto quella della vita e dei corpi; a queste problematiche non può non agganciarsi il complesso problema della dimenticanza totale: della “provenienza” trascendente, della capacità e della responsabilità nella creazione.
A questa mancanza si aggiunge l’oblio per tutto il passato nella realtà immanente che a quanto pare si dipana vita dopo vita in innumerevoli reincarnazioni, anche precedenti a questo pianeta.
Sono queste le tre questioni fondamentali, dalle quali ne scaturiscono ovviamente molte altre. Vediamo con ordine.
La prima questione, relativa alle “dicotomie mentali e comportamentali” dell’uomo, genera da sempre un sostanziale cinismo e una conseguente mancanza di speranza sulla sua natura, favorendo così una filosofia che si salda al malthusianesimo, oggi a sua volta “rinverdito” con l’antiscientifica questione “green” del presunto “cambiamento climatico a origine antropica”: tutto ciò sembra evidentemente teso a colpevolizzare l’uomo a fini di controllo, per favorire il consolidamento dell’odierna forma di potere che purtroppo si appresta a diventare tecno-distopicamente definitiva, come appena spiegato.
Questo ordine di idee teso a sottolineare l’inaffidabilità umana si alimenta di continuo, trovando ovviamente molte declinazioni nelle varie dimensioni, anche psico-“logiche” ed artistiche: cultura, scuola, arte, narrativa, cinema e mondo dello spettacolo ne sono pieni.
A corollario di tale impostazione del pensiero, abbiamo la tendenza a non tener conto o mettere in secondo piano il contemporaneo sforzo dell’uomo di affrontare tali questioni con la morale e l’etica, ormai “progressisticamente” e irresponsabilmente considerate “sorpassate”, “bigotte”, “anti-liberali”.
Cerchiamo quindi di dire qualcosa di coerente e non utilizzabile a fini di controllo, riguardo a questa “ambivalenza” bene/male dell’animo e del comportamento umano: intanto diciamo che questa dualità può comprendersi come del tutto dovuta all’insicurezza data dalla precaria condizione “essere umani”, assai diversa dalla consapevolezza degli spiriti liberi dal corpo nella dimensione trascendente di puro essere e pensiero.
Oltre a questo, andando più a fondo, come cercavo di spiegare nel quinto articolo di questa serie in cui parlavo anche della mente, credo che questa apparentemente automatica propensione al male, automatismo assai soggetto ai condizionamenti di gruppo, relazionali e ambientali, sia da addebitarsi a quella parte della mente dove tali condizionamenti sono registrati e depositati, quella parte non immediatamente conoscibile che chiamiamo “inconscio”.
Se facciamo prevalere il punto di vista carnale, ci esponiamo in modo squilibrato alla tensione per la sopravvivenza, ovviamente “superflua” per uno spirito libero nella sua dimensione trascendente, un’“agitazione” condizionata dalla dimenticanza del vero sé e dal possesso di questi corpi: quando le condizioni ambientali, le relazioni e l’esperienza mentale stessa accentuano il senso dell’umana finitezza, la diversa considerazione della “paura” determina la personalità verso una condizione che può superare razionalità e tensione al bene personale e collettivo.
Non che questo sia un meccanismo solo “umano”, lo spirito può provare tutte le emozioni in quanto sono proprie dell’essere, ma un uomo deve continuamente fare i conti con i suoi limiti: la dimensione materiale e il possesso di corpi condiziona evidentemente in modo importante, mentre un essere spirituale sa che non può perdere nulla, men che meno la sua consapevolezza, se non per sua volontà e considerazione.
Riguardo alla forte tendenza irrazionale di alcuni uomini, riporto quanto scrivevo in risposta ad un commento sul recente articolo in cui cercavo di ragionare sulla nostra condizione, che ci vede spesso inconsapevoli dei giochi divisivi con cui siamo governati da quelle che possiamo chiamare “élite”, anche se possono essere più o meno occulte:
«Dico da sempre che da un punto di vista strettamente razionale non ci sarebbe alcun motivo per cui l’associazione umana non possa essere quasi un giardino dell’eden, abbiamo un pianeta bellissimo e abbastanza razionalità e scienza per abitarlo in modo creativo e proficuo per tutti, e anche di più; la ragione del perché ciò non accade è quindi l’irrazionalità presente nell’uomo, un po’ in tutti gli uomini ovviamente, ma soprattutto in una ristretta minoranza che per quanto intelligente è di fatto totalmente psicotica, composta da veri e propri criminali. La loro psicosi gli fa vedere un mondo buio di nemici, fossero anche i loro parenti più stretti: non si salva nessuno, sono incapaci di amore ed empatia. Questo stato di continua paura rende alcuni di questi, che magari si trovano o fanno di tutto per trovarsi in condizioni privilegiate o “fortunate”, assai attratti dal potere e disposti a fare qualsiasi cosa per raggiungerlo, convinti che il potere li renda ancor più difesi dalle minacce altrui. Sono ovviamente assai esperti nella dissimulazione di questo stato, ma per quanti privilegi possano avere la loro condizione spirituale è drammatica, una vita di paura e di crimini per allontanare i fantasmi della loro mente, che si materializzano in tutti gli altri esseri umani, indiscriminatamente. L’uomo ha sviluppato degli anticorpi a questo, che si chiamano democrazia, diritto, stato di diritto e diritti umani, che però non funzionano automaticamente, vanno fatti funzionare. L’azione potente, complessa, divisiva e distruttiva dei criminali, veri e propri mercanti di caos, rende questi anticorpi deboli agli occhi della gente, propagando così cinismo, mancanza di speranza e fame di soluzioni “forti” di qualche tipo. È una lotta impari, perché sotto l’influenza di tali criminali l’umanità sembra capace di dimenticare tutto».
A fronte di tutto ciò, alla “fatidica” e semplicistica domanda se l’uomo sia fondamentalmente “buono” o “cattivo”, termini che tradurrei assai meglio con “responsabile/irresponsabile”, sarebbe quindi saggio rispondere “buono” o “responsabile”, anche in base alla seguente deduzione: nonostante tutti gli automatismi di sopravvivenza, che a volte possono diventare distruttivi e superare la sua razionalità tesa ad una sopravvivenza superiore, personale e collettiva, l’aiuto e l’amore che l’uomo dà al suo simile, a partire dalla famiglia, le creazioni positive di ogni genere, a partire da quelle artistiche, gli sforzi filosofici, morali ed etici che l’uomo cerca di mettere in piedi per mantenersi su una via di continua sopravvivenza ed espansione del suo essere e pensiero lo qualificano indubitabilmente come essere sostanzialmente positivo, responsabile e creativo, nel modo più ampio possibile che riesce a contemplare.
Proprio la capacità di creare ci porta alla seconda questione, “creazione” e “corpi”, capace di generare una dicotomia che però vede due “semplificazioni”, per certi versi e paradossalmente simili nella loro indiscutibilità: la prima sarebbe quella del big bang o comunque di un inizio spontaneo dell’universo da forze preesistenti, sostenuta dai materialisti che al pari degli “spiritualisti anti-trascendentali” tralasciano la causa ultima come fosse questione non importante, comunque non sondabile; dall’altra parte abbiamo un Dio assoluto che avrebbe creato tutto, comprese anime e corpi, solo per metterci alla prova.
Come vedremo, questo aspetto si collega direttamente alla terza questione della “dimenticanza”, ma andiamo con ordine.
La realtà ci dice che l’uomo è il solo essere creativo e le sue creazioni si verificano in più piani, materiale e ideale: se consideriamo che la sua natura è fondamentalmente spirituale, “appartenente” alla dimensione creatrice delle altre dimensioni, ciò non può non farci pensare al fatto che la creazione in cui viviamo, chiamata universo fisico, sia in qualche modo connaturata al suo essere, dovuta ad una sua esigenza, predilezione o spinta “costituzionale” al creare.
Questa spinta potrebbe darci anche un’idea abbastanza razionale sull’“utilità” di questa creazione e sulla conseguente decisione di crearla, decisione che dobbiamo comunque mettere in conto di non poter comprendere appieno da questa dimensione se non per sopraggiunta diretta consapevolezza personale, un diretto “ricordo spirituale” che altri potrebbero anche chiamare “illuminazione”.
Dato che parliamo di consapevolezze di ordine spirituale, potenzialmente accessibili a tutti gli esseri, annunciare questa possibilità, certamente non un suo dogma, può essere comunque utile se inteso ad indicare agli altri l’esistenza di una strada per la quale ottenere la propria consapevolezza sulla creazione stessa, oltre alla comprensione della propria natura.
L’ottenimento di una consapevolezza simile da parte di un grande numero di persone, ne decreterebbe la sua virtuale razionalità e la renderebbe oggetto di estesa comunicazione, proprio come le grandi religioni hanno tentato di fare.
La ragione alla base del fatto che questa “missione” si sia storicamente espressa anche in modi umanamente discutibili, sfruttando la precarietà dell’uomo a fini di potere, è purtroppo dovuta alla non conoscenza-incapacità di affrontare le fonti di irrazionalità mentali prima accennate.
Il fatto che un fenomeno così importante e dirimente come una rivelazione spirituale di speranza possa essere soggetto ai meccanismi del potere, a loro volta ovviamente determinati dalla più generale condizione umana e dai problemi dovuti alla minoranza criminale di cui sopra, lo mette allo stesso livello di qualsiasi altra narrazione, pensiero o ideologia, suscettibile cioè ad essere “contaminato” dall’irrazionalità.
Questa osservazione, serve quindi a ricordare come sarebbe da invitare a “scagliare la prima pietra” quanti ancora accusano la religione di essere la causa di tutti i mali dell’uomo.
Ad ogni modo, ai fini della presente riflessione l’aspetto più “politico” non porta da nessuna parte, se non come sostegno ad un distaccato e sterile agnosticismo verso l’idea di una possibile consapevolezza “totale”, cosa assolutamente lontana dalle mie intenzioni.
Continuiamo quindi a ragionare secondo la logica derivante dall’idea di una creazione e della volontà di un agente creatore, considerando certamente tutti i limiti spirituali di ordine conoscitivo, descrittivo e comunicativo dovuti alla parzialità del punto di vista umano, comunque potenzialmente superabili in percorsi spirituali di ordine filosofico-religioso.
La logica di questo ordine di idee ci fa pensare come sarebbe del tutto possibile e coerente considerare come la creazione sia ontologicamente connaturata alla dimensione trascendente degli esseri creativi: da quella dimensione si potrebbe considerare la “creazione” come “utile sistema” in cui compiere azioni ed altre creazioni.
Possiamo quindi considerare la creazione un atto emanato da una dimensione spirituale di assoluta “pienezza” di consapevolezza, caratterizzata da un’assenza di “quantità”, ma di totale potenzialità di “logos”: si “emette” così un logos che determina sostanze, quantità e parametri sui quali costruire un intero universo, in questo caso materia ed energia organizzate, determinando attraverso la volontà che porta alla loro creazione uno spazio e un tempo.
Visto che un tipo di materia creata è di ordine biologico, cioè capace di essere posseduta in vari modi, a vari livelli e con varia profondità dal pensiero e da alcuni “meccanismi” governati-programmati-evoluti dal pensiero stesso, sarebbe del tutto evidente che i corpi biologici, sostenuti dall’apposito habitat di alcuni pianeti, possano essere stati pensati e costruiti per rappresentare una “casa” per gli esseri spirituali, da cui continuare a compiere azioni e creazioni ad un altro livello, appunto nella dimensione creata.
Dato che il pensiero dello spirito tutto può e sa, potrebbe essere logico pensare che al momento della decisione degli esseri spirituali di entrare nell’universo fisico per possederne/controllarne i corpi sia stato necessario un “logos di negazione”, di “impedimento” e “dimenticanza” di alcune delle facoltà proprie di quegli esseri, che poi saremmo noi.
Se quindi consideriamo i meccanismi sociali e di potere della nostra specie come un possibile esempio, anche se da un livello di consapevolezza e in una dinamica certamente più bassi, a livello spirituale tale logos di “restrizione” potrebbe essere stato autoindotto, ma potrebbe essere anche “amministrato” da alcuni che nel tempo e per qualche motivo avrebbero potuto trovarsi in una posizione di potere nei confronti dei soggetti amministrati: proprio come fa la propaganda totalitaria in questa civiltà decadente tesa a far dimenticare le sovranità individuali e statuali, rendendo inefficiente e innocua la democrazia e le sue istituzioni.
Non ho velocemente traslato il discorso sui “massimi sistemi” a caso, dato che, con tutta probabilità, la storia e la situazione culturale e civile del pianeta terra non sono altro che una dinamica “ristretta” di quanto possibilmente accaduto in altre parti e in altri tempi dell’universo: gli avvenimenti sul nostro pianeta potrebbero anche rappresentare, per certi versi, una ripetizione o un proseguimento di un ciclo ad un livello più basso, della più generale decadenza dell’essere che potrebbe essere così rimasto in qualche modo “invischiato” nella sua stessa creazione, oltre a quanto magari riteneva inizialmente possibile o “utile”.
Come ripeto, tale ordine di idee, tali speculazioni non possono essere comunque oggetto di ulteriore precisazione, tantomeno di dogma, in quanto non è possibile ottenere una prova fisica di quanto qui ipotizzato: come per tutte le questioni che hanno a che fare con il pensiero, la “prova” può essere eventualmente solo personale, dovuta ad un percorso psico (spirito)-logico-religioso virtualmente capace di rimettere l’essere spirituale in contatto con il suo vero essere e con il suo “passato”, con il suo logos e con il logos e la storia che ha in comune con gli altri esseri.
Se prendiamo quindi la storia della nostra civiltà e la espandiamo ad una possibile dinamica spaziale, galattica o intergalattica, potrebbe risultare facile concepire la presenza di più civiltà, che sarebbero eventualmente “aliene” solo da un punto di vista biologico, dato che potremmo ragionevolmente presupporre si stia parlando sempre di esseri spirituali possessori di corpi, biologici o bio-meccanici o bio-elettronici a seconda del grado di evoluzione della tecnologia.
Oltretutto, sempre considerando la storia terrestre e le sue drammatiche colonizzazioni, non dovremmo necessariamente pensare che eventuali civiltà aliene siano nostre “amiche”, dato che potrebbero aver a che fare con il controllo della “dimenticanza” da parte degli esseri spirituali che siamo, un po’ come i nostri psichiatri e neuroscienziati intenti a venderci l’idea che il pensiero derivi dal cervello e che si possa “curare” chimicamente.
Ovviamente le nostre “èlite” non ci hanno pensato un attimo a mandare ingenue ed avventate sonde-biglietto da visita nello spazio, anche se poi non dovremmo preoccuparci più di tanto: nel peggiore dei casi sarebbero inutili, visto che gli “alieni” saprebbero benissimo chi siamo, da dove veniamo e perché siamo qui.
Dato che a questo punto credo di aver risposto alle questioni che avevo sollevato nei precedenti articoli, consapevole di essermi addentrato in orizzonti speculativi ancor maggiori, comunque esistenti già da un bel pezzo, vorrei ricordare quanto scrivevo nel precedente La questione della realtà è fondamentale per capire il nostro essere:
«Se non vogliamo arrenderci a quella che chiamo tecno-distopia, che stiamo costruendo giorno per giorno, dobbiamo assolutamente riscoprire la seguente concezione, che diventa anche etica: ogni nostro atto è carico di responsabilità estreme e profonde in quanto, prima di ogni altra cosa, è agito da esseri dotati di pensiero, esseri fondamentalmente trascendenti la realtà di materia, energia, spazio e tempo, una dimensione che senza di noi sarebbe in un certo senso inerte, automatica».
Considerando la quantità di forza e il “dramma” necessari a far sì che un essere immortale e virtualmente onnipotente possa dimenticare la dimensione trascendente di provenienza, considerando che lo stato culturale e politico della nostra civiltà giustifica i timori più forti per il trans/post-umanesimo cui stiamo andando incontro, permesso da un lassismo civile e culturale che sta stendendo un tappeto rosso al progressivo sovvertimento della realtà delle cose e della ragione, dobbiamo ben capire come tutta la cultura e la storia ci portano ad un livello di necessità umana e spirituale, etica e civile mai così drammatico.
Possiamo essere capaci di tali necessità senza un minimo di consapevolezza della nostra natura, delle responsabilità dell’essere e delle conquiste politiche della nostra civiltà, da restaurare urgentemente prima che sia troppo tardi?
Io credo di no.
(AI free)
20 settembre 2024
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