Eccoci all’Articolo 12 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo
Questa la versione AUDIO dell’articolo: https://podcasters.spotify.com/pod/show/massimo-franceschini/episodes/15–Articolo-12–Morte-della-privacy-fine-della-libert-e6mvtf
Questa la presentazione della serie audio: https://anchor.fm/massimo-franceschini/episodes/1–Prima-puntata–presentazione-dellautore-e-della-serie-e6mvtt
Buona lettura o buon ascolto!
Ciao, terminati gli articoli che si occupavano direttamente della giustizia veniamo a quello sulla “privacy”, questo il testo.
Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
Probabilmente abbiamo di fronte uno dei diritti meno attuati e più violati fra i 30.
Le violazioni in oggetto sono così tante, se ci pensiamo bene, che enumerarle comporterebbe molto più dello spazio di un articolo.
Tali violazioni ricadono direttamente su quella dignità e libertà che sono alla base dei diritti umani sin dal primo articolo, meno sull’uguaglianza: sappiamo benissimo che anche personaggi “importanti” o famosi possono finire nel tritacarne mediatico-scandalistico-giustizialista, ben prima che un tribunale abbia definitivamente determinata la dimensione di un’eventuale responsabilità.
Qualsiasi responsabilità individuale non dovrebbe comportare quel pubblico ludibrio su cui campano i media più squallidi e irresponsabili, seguiti dalla quasi totalità dell’informazione anche se in modi diversi e più “soft”.
La comunità è certamente tenuta a sapere dei reati, infatti l’Art. 11 parla di “pubblico processo”, ma si deve assolutamente precisare quando segue: la “giustizia” di uno stato di diritto non può passare dalla gogna mediatica, ma da una legge che dia al reo una possibilità di recuperare il rispetto di sé e la dignità sociale, obbligandolo a dare un contributo eccezionale a quella comunità che ha danneggiato in termini di tempo, e lavoro.
Il diritto di cronaca dovrebbe essere esercitato durante la fase processuale in maniera più seria e pacata, senza scadere in quello strillo da cui purtroppo una grossa fetta dell’audience si lascia “rapire” senza ritegno e senza minimamente interrogarsi.
Le giustificazioni che tali “performance” facciano audience e offrano un “servizio”, rappresenta l’evidenza della “bassezza” di chi invece ha, insieme alla scuola, un’enorme responsabilità etica, civile e culturale.
Sempre seguendo l’ottica dell’enunciazione del primo diritto, si capisce come chi violi in qualche modo la privacy e la dignità altrui violi anche quello spirito di fratellanza che lo stesso articolo auspica.
Se seguiamo la logica e l’etica dei diritti umani, vediamo immediatamente che i giornalisti che affollano gli spazi di persone finite sotto l’occhio dei riflettori stanno violando i diritti dell’uomo e contribuendo ad ammorbare la nostra dimensione collettiva con uno squallore artefatto e “confezionato”, un senso di disagio che aumenta quando si invadono gli spazi di persone inermi coinvolte in eventi disastrosi.
Il clamore niente aggiunge alla “verità processuale”, che invece potrebbe giovarsi di inchieste giornalistiche serie, magari scomode, si preferisce l’urlo al ragionamento, la denuncia superficiale all’approfondimento.
Allargando l’orizzonte del ragionamento vediamo che i media sono i grandi accusati anche per un altro fattore: oltre a determinare un crollo verticale della cultura perseguono una filosofia consumistica di esclusivo intrattenimento.
Con i “reality” si distrugge qualsiasi concetto di riservatezza e dignità mentre ci preparano ad un’invasione sempre più massiccia nell’ambito della formazione delle nostre idee.
Lo scopo è quello di omologare il pensiero collettivo, sempre meno illuminato da cultura e valori ideali, da interessi superiori e universali.
Il tanto invocato tema della sicurezza, con cui il sistema politico mainstream tenta di giustificare le violazioni di questo ambito, crollerebbe con delle “semplici” osservazioni: da chi sono prodotte la maggior parte delle armi nel mondo, a quali gruppi possono esser fatti risalire la stragrande maggioranza dei media mondiali, a cosa ed a chi servono i conflitti mondiali ed il terrorismo dei nostri giorni?
La questione paura/sicurezza è un vecchio cavallo di battaglia dei peggiori regimi però sempre efficace e di grande presa sull’odierno pubblico, addormentato e frastornato dal sistema dell’informazione gridata.
Oltre a quanto sin qui argomentato il tema della privacy va comunque molto oltre, coinvolgendo l’intera nostra vita e la dimensione globale della modernità: siamo infatti sempre più dei “numeri” da inserire nel “big data”, una merce in mano alle corporazioni private.
Il quadro che andiamo completando riguardo la privacy è, di fatto, quello della TECNOLOGIA e della mancanza di controllo da parte della società civile sulla sua ricerca ed implementazione.
“Infosfera”, “big data”, “internet delle cose”, “smart nation”, sono quei concetti “affascinanti” che piacciono tanto alla politica e alla narrazione “progressista”, immagini che stanno componendo il futuro prossimo venturo: dominato dalla tecnologia e da un’intelligenza artificiale che con i suoi algoritmi agisce in base ad una realtà che non è più la nostra.
Ciò è pericoloso in modo devastante, basti pensare alle possibili derive illiberali date dal solo “riconoscimento facciale”, già in uso avanzato in Cina, che ho già trattato in questo articolo.
Se vogliamo scongiurare il più che probabile “REGIME TECNOCRATICO DI CONTROLLO GLOBALE”, dobbiamo far sì che dalla società civile e dalla cultura parta una spinta alla riappropriazione dei diritti che abbiamo come cittadini e comunità, una consapevole esigenza di controllo sulla tecnologia e sulle scelte che si compiono per mezzo di questa.
Non facciamoci ingannare dalla chimera del prossimo gadget elettronico, potrebbe essere troppo tardi, la politica deve tornare nelle mani dei cittadini in ogni ambito, pena la definitiva sottrazione dei nostri diritti e libertà.
Abbiamo la responsabilità di non permettere tali violazioni di diritti: le corporazioni sono ansiose di appropriarsene del tutto.
1 febbraio 2018
Questo il bellissimo video relativo all’Art. 12 dell’associazione no-profit: “Gioventù per i Diritti Umani”