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L’opposizione alla tecnocrazia globale richiede uno sforzo ecumenico, politico e spirituale
Articolo pubblicato anche su Attivismo.info, Sfero
Nel caos della crisi globale, dovuto con tutta evidenza ad una “pandemia” nata e cresciuta per imporre al mondo la nuova realtà tecnocratica di controllo, dobbiamo purtroppo constatare alcune continuità di questo primo ventennio del giovane secolo con il precedente.
Per quanto riguarda i problemi di natura “politica”, questa continuità si sostanzia con il prosieguo di due mancanze: chiarezza e “lucidità”.
Per la mancanza di chiarezza, possiamo guardare alle élite globali ed al pensiero unico dominante derivante dalla loro influenza, che tende a nascondere, fra le altre cose, che le sovranità della politica e dello Stato di diritto non sono più quelle che dovrebbero essere.
Oltre a questo, l’enorme impianto culturale e mediatico è strenuamente impegnato a descrivere il futuro che sarebbe “necessario” per superare la cosiddetta “emergenza sanitaria”, che tutti si affrettano a descrivere ormai endemica al nostro modo di vivere, appunto da riscrivere, in maniera assai partigiana: la natura e la sostanza del dominio tecnocratico che si sta stringendo sono celate da una narrazione apparentemente democratica, egualitarista, ambientalista, inclusivista e securitaria, che però fa acqua da tutte le parti.
Per la mancanza di lucidità, a mio parere, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione a quella parte di mondo, di cultura, di soggettività che cercano di divincolarsi in qualche modo dalla stretta tecnocratica globale e di evitare l’imperante uniformazione al mainstream, in ogni ambito.
Tali soggetti provano in qualche modo a rivendicare dignità e specificità, risultando così “conservatori” di quelle identità che il “nuovo mondo” di controllo sta provando a demolire: purtroppo, il “sano” e necessario conservatorismo non è sempre predicato in maniera efficace, intelligente e non divisiva, ma presta il fianco agli attacchi dei “globalisti del pensiero unico”.
A mio parere, ciò è la cartina tornasole di alcune problematiche non risolte, tali da impedire a chi più danneggiato dalla realtà globalizzata di centrare le reali necessità del presente.
In politica, il problema di cui sto parlando si evince, solo per fare un esempio, nel momento in cui si continua ancora a parlare di “lotta di classe”, da sempre uno dei principali fattori divisivi della società civile.
Questo è sempre meno comprensibile, data la trasformazione del potere nella contemporaneità in una ristretta cerchia di soggetti privati spesso non palesi, chiamata anche deep state, che risulta controllare e possedere tutti gli ambiti che formano la realtà politica, economica e culturale del mondo moderno, influenzando così ciò che resta delle vecchie classi sociali, ormai egualmente indifese: la piccola-media impresa si è sempre più scoperta “non garantita”, al pari della forza lavoro diversamente occupata/disoccupata.
La situazione appena descritta, e le non sufficienze prospettiche e comunicative del mondo politico e culturale “alternativo”, contribuiscono a determinare le mancanze nella percezione della realtà: la comprensione di chi sia realmente la sovranità nelle ormai decadenti democrazie “liberali”, non sembra essere fra i primi pensieri del cittadino moderno, impegnato a sopravvivere e distrarsi in un mondo che cambia giorno dopo giorno, confuso da prospettive ora catastrofiche, ora mirabolanti, in una navigazione a vista che si vuole “soggiogata” alle promesse di equilibri sostenibili vari, ma dalle incerte prospettive.
Sulle problematiche relative alla formazione di una reale politica alternativa mi sono espresso ripetutamente per iscritto, come in questo ultimo articolo abbastanza riassuntivo e completo di tutti i link a riguardo.
Qui ritengo invece necessario aprire la prospettiva di analisi, allargando la visione a ciò che sta accadendo anche nel mondo religioso: la ragione di ciò è data dalla constatazione, per certi versi singolare, di un errore d’impostazione in qualche modo parallelo per quanto avviene in politica, che nell’ambito delle gerarchie vaticane sembra sia del tutto voluto, come denuncia qui l’Arcivescovo Viganò.
Infatti, se in politica si pretende in qualche modo di far prevalere un’ideologia demolendo gli oppositori – liberismo/globalismo vs socialismo/nazionalismo – perseguendo un “mondo nuovo” antitetico all’altro, ma in ogni caso frutto di una “demolizione controllata” della storia, sembra che in ambito religioso ci si stia avviando ad una stagione che potrebbe portare a quella che Viganò, e molti altri con lui, chiamano “religione unica mondiale”, atta appunto a sostenere il “nuovo ordine mondiale” delle élite globali.
Ecco allora che iniziamo a comprendere la vera questione, incoscientemente evitata nei vari ambiti, che nel titolo ho individuato come “ecumenica”: in politica e geopolitica si dimentica l’etica dei diritti umani, o la si contorce per sottoporla ad un’interpretazione “liberista” e distorsiva per evidenti scopi distruttivi della persona, della famiglia, dello Stato, come analizzavo qui.
Infatti, non le ideologie classiste, ma solo i 30 diritti universali, se compresi, fatti studiare e politicamente attuati potrebbero riuscire a condurre finalmente il mondo verso una fioritura creativa fra tutte le diversità politiche, sociali e culturali capaci di non sentirsi “offese” dalle altre, ma addirittura rafforzate dal dialogo, appunto ecumenico.
Veniamo al campo religioso, dove si parla di ecumenismo, come in questo articolo, quando invece sembra avviarsi una stagione di sincretismo, cosa ben diversa, che potrebbe portare alla paventata religione unica mondiale.
Capiamo ora, con tutta evidenza, che la questione ecumenica sia mal posta anche in ambito religioso: invece di porre come obiettivo del dialogo, anche se non in modo dichiarato, la costruzione di una nuova realtà unitaria sulle ceneri delle divisioni, le religioni del mondo dovrebbero volgere il loro sguardo ai diritti umani come unici valori capaci al contempo di preservare le rispettive diversità in una nuova realtà di dialogo e vicinanza che, a patto di essere laicamente orientata a questi, potrebbe tranquillamente non risultare antagonistica.
Oltre a ciò, tale unità di intenti costituirebbe una forte opposizione al materialismo, al laicismo ed all’antireligiosità imperanti.
E veniamo ad un altro aspetto, su cui ricercare unità e chiarezza.
Agli Stati teocratici ed alle comunità che risulterebbero incapaci di convivere “sotto” l’egida della Dichiarazione Universale, non dovrebbe essere permessa un’interfaccia “invasiva”, di fatto generante caos: in assenza di una reale volontà, endogena ed esogena, di seguire linee guida politico-giuridiche atte a praticare la dignità, la responsabilità e la libertà dei diritti dell’uomo, le società civili risultano esposte, come accade ora, alla continua sollecitazione politico-mediatica della questione “sicurezza” e del presunto diritto all’immigrazione di massa, ben altra cosa della “libertà di movimento” prevista dai diritti umani, come cerco di spiegare qui, qui e qui.
Tornando alla questione ecumenica, alla luce di quanto sin qui detto: dobbiamo liberare il campo dall’insidioso tentativo di annullamento di specificità e culture, camuffato da un senso di unità che nasconde il vero obiettivo di potere, indiscutibile perché unificato, “inclusivo”.
Per concludere: sia la religione, sia la politica “alternativa” necessitano di una presa d’atto delle forze in gioco e delle reali necessità del mondo contemporaneo, al fine di impedire che al loro interno si perseguano obiettivi divisivi da un lato, e dall’altro distorsivi, che possono anche apparire “ecumenici”, mentre rischiano di essere il cavallo di Troia per l’instaurazione di un governo unico mondiale, pure religiosamente “santificato”.
Liberarci dalle divisioni non significa annullare le differenze, ma trovare un punto d’arrivo creativo e vivibile per tutti.
4 maggio 2021
fonte immagine: Wikimedia Commons