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Uno dei più grossi impedimenti alla nascita di una politica umanistica, realmente alternativa
Pubblicato anche su Attivismo.info e Sfero
C’è una grave “sindrome” che attraversa una parte dell’odierna società civile, proprio nella componente per certi versi più consapevole di molte delle dinamiche sociali e culturali del presente.
Non sto certo parlando del terrore pandemico, ma di un orientamento assai più insidioso che, a mio parere, dovrebbe essere demolito una volta per tutte in quanto contribuisce, anche non volendo, a comporre il drammatico sfacelo democratico che stiamo osservando ai giorni nostri.
A ben vedere, ciò di cui andremo a discutere è per certi versi del tutto simile a quanto il sistema di potere oligarchico e tecnocratico sta effettivamente mirando: la pretesa di “cambiare l’uomo”.
Andiamo con ordine, con la necessaria premessa circa le motivazioni che mi spingono a scrivere quanto affermo: credo sia responsabilità politica della società civile più consapevole e preparata, nel suo insieme, di organizzare una resistenza efficace al “nuovo mondo” che si sta delineando, quella che chiamo distopia tecnocratica.
Purtroppo, come faccio spesso notare, osservo una totale insufficienza proprio in quella che invece dovrebbe essere la primaria missione, culturale e politica, operata da questa presunta minoranza più consapevole.
Come spiegavo in questo recente articolo, «la “politica alternativa” è rimasta al palo, nella sua insufficienza prospettica e comunicativa, spesso non riconosciuta, come spiego anche in questa serie di video». (Nella serie avrebbe dovuto andarci anche questo, che mi è stato censurato da YouTube… a proposito dello stato delle cose).
L’argomento mi sta assai a cuore, avevo iniziato a trattarlo nel 2019 con questo, poi continuavo qui e compivo un’altra importante riflessione in questo articolo, in cui cercavo di spiegare i pericoli di una narrazione tesa addirittura ad invertire alcuni aspetti del dettato costituzionale.
Inoltre, in quest’ultimo articolo parlavo di problemi di ordine etico, sui quali credo debba di nuovo spendere dei ragionamenti per andare ancora oltre ai 2 ordini di motivi lì espressi.
In sostanza, denunciavo la scorrettezza nell’inquadrare l’argomento politico da ottiche appartenenti a quelle che chiamo psico-“scienze”, soprattutto quando poi si pretenderebbe sottomettere o condizionare in qualche modo l’azione stessa della politica in base a concezioni, opportunità e cambiamenti di ordine psicologico: quel tanto evocato “sviluppo della persona umana” che, secondo un sentire abbastanza comune in certi ambiti, dovrebbe dare quel “pass democratico” di cui invece la Costituzione non fa menzione, se non come effetto di precise politiche auspicate da parte della Repubblica, cioè della politica.
A sostegno di quanto affermo, ricordo anche il primo punto dell’articolo 21 dei diritti umani:
Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
Come possiamo vedere, al pari della Costituzione Italiana i diritti dell’uomo non menzionano altre condizioni individuali “necessarie” alla democrazia, come potrebbero?
Ritengo perciò questa prospettiva “trasformante” assai inquietante, una questione che dobbiamo approfondire perché cartina tornasole di una marea di problematiche culturali, che poi diventano politiche.
L’analisi potrebbe rischiare di occupare lo spazio di un libro, ma qui occorre essere sintetici, e per farlo dobbiamo partire da una breve descrizione della realtà dei giorni nostri.
Se non ne comprendiamo le sue componenti, le forze in atto e le loro ripercussioni, rischiamo di rimanere nell’ambito della pura speculazione, senza alcun costrutto politico.
Ebbene, non possiamo non riconoscere, in primo luogo, la forza motrice più importante della modernità: la tecnica.
A chi controlla la tecnica, è permesso disporre di sovranità che di fatto vanno ben al di là di quelle appartenenti alla politica.
Abbiamo visto ciò, clamorosamente, proprio nell’ultimo anno: i detentori della tecnica hanno subito stabilito, per non dire preventivato da almeno dieci anni, le molteplici facce della nuova realtà che “doveva” nascere dalla “pandemia”, essa stessa frutto più che probabile della tecnica, come ammesso da prestigiose ricerche in cui si parla di un virus chiaramente prodotto di laboratorio.
Per non parlare di quanto sarebbe ancor più grave se, come insistentemente continuano a dire molti esponenti della scienza e dell’informazione alternativa, nessuno abbia ancora realmente isolato un virus che, se così fosse, rappresenterebbe la suprema vittoria manipolativa delle élite tecnocratiche.
Passando ad un piano più squisitamente politico, sempre nell’ultimo anno, come non citare quanto avvenuto nelle elezioni USA?
Big tech e big media sono riusciti nell’impresa di influenzare pesantemente il risultato senza colpo ferire, con la solerte garanzia non interventista delle Istituzioni e della Corte Suprema.
In sintesi, per completare il quadro, non possiamo non vedere come il cosiddetto pensiero unico dominante della nostra epoca sia un prodotto dell’influenza della tecnica sui luoghi di formazione della cultura, di indirizzo delle scelte relative all’istruzione ed alla politica stessa.
Una supremazia culturale e politica che dalla “separazione dei saperi” ottiene per la “scienza”, che io chiamo “teoscienza”, un’autorità indiscutibile e sempre meno sottoponibile ad un controllo di ordine etico.
Un’idea assolutistica di scienza, assai diversa dalla libera ricerca che invece dovrebbe rappresentare, pretende così di farsi anima e discorso di ogni “sapere”.
La nostra realtà ci appare quindi scandita dalle evoluzioni della tecnologia, che arriva a modellare il futuro della realtà, delle relazioni, dei pensieri stessi, in un’orgia di novità tecniche e tecnologiche, che diventano tecnocratiche, spacciate come il nuovo eden sensoriale, egualitario e “sostenibile”.
Per completare il quadro non possiamo non menzionare l’opera deviante, disinformante e distraente dell’immenso comparto mediatico: sceneggiatura e scenografia di una realtà che, apparentemente, non saremo più in grado di evitare e cambiare.
Ciò può essere osservato nelle modalità di affermazione del “pensiero unico dominante” stesso, alla quale aggiungerei i termini “materialista”, “progressista”, “scientista” e “transumano” che passa da media, scuola, politica, centri di ricerca ed istituzioni culturali, un abbraccio totale al quale è sempre più difficile sottrarsi.
Il connubio fra tecnica e ideologia transumana ci regala quindi l’uomo liquido e la distruzione della famiglia, la “persona oggetto” di cui parlavo in questo corposo articolo.
La “risposta” al presente scenario da parte del panorama civile, culturale e politico “alternativo”, credo sia del tutto insufficiente: se da un punto di vista critico non manca l’analisi, espressa in numerosissime pubblicazioni, articoli, tesi e video, al fronte politico abbiamo il “nulla”, rispetto a quanto sarebbe necessario.
Parlando con amici, attivisti, associazioni, gruppi e movimenti, al posto di sentire uno sforzo politico non solo consapevole dell’enormità dei problemi, ma anche delle necessarie possibili misure, osservo la sempre più frequente “litania” che rimanda il cambiamento, quindi una nuova politica, ad una presunta, possibile evoluzione-trasformazione delle persone.
Nell’ambito alternativo ciò si sostanzia, a mio modo di vedere, in quella che appare come un’“incredibile” specularità al sistema di potere vigente: una pretesa di cambiamento umano che, se non portata a termine, impedirebbe di poter anche solo pensare ad una realtà diversa.
Questo come se, ritornando a quanto affermavo poc’anzi, le “biblioteche alternative” non siano piene di analisi e visioni più che sufficienti, che aspettano solo di trovare un’adeguata politica attuativa.
A ben vedere, purtroppo, viste le tare ideologiche e le problematiche culturali da me denunciate questo fenomeno appare del tutto comprensibile: secondo il “mainstream alternativo”, l’uomo del giorno d’oggi non solo non sarebbe in grado di capire i problemi del presente, ma risulterebbe anche impossibilitato a “sentire” un futuro migliore, sia individualmente, sia socialmente.
Si arriva così, tranquillamente, ad affermare che saremmo tutti malati ed egoici, un mero prodotto determinato dall’ambiente liberista, colpevoli di insensibilità, ignoranza e ristrettezza di vedute, bisognosi di un lungo percorso di crescita personale: attività questa che di fatto rimanda qualsiasi risposta politica al sistema a data da definire.
Il guaio di questo “sintomo” paternalistico e “valutativo” è, in primo luogo, quello di non essere riconosciuto come tale.
I “campioni” del “mainstream alternativo” sembrano non vedere l’urgenza del momento, mentre la parte meno politicizzata della società civile, che comunque pretende una superiorità morale sul resto, rimanda “paternalisticamente” all’indefinitezza politica, mentre sponsorizza tutta una serie di contenuti e pratiche di “risveglio” o “miglioramento” personale che, piaccia o no, di certo non scalfiscono il sistema politico di un millimetro.
Semplificando, la giustificazione a questo andazzo risulta essere un mix di apparente “leggerezza spirituale” fideistica nel karma, nell’equilibrio e nell’evoluzione, una sorta di “vigile attesa” per un futuro prossimo, certo non esente da periodi tumultuosi, in cui però alla fine prevarrebbero certamente pace e giustizia.
Quindi viene da chiedersi: a cosa sono servite le battaglie culturali e politiche per i diritti umani e lo Stato di diritto, se in ogni caso tutto sarebbe inevitabilmente andato a posto?
Com’è possibile non vedere che proprio questi due ideali vanno oggi difesi ad ogni costo, in primis politicamente?
Come non vedere la presunzione di certe posizioni che “stabiliscono” caratteristiche psicologiche e morali, quando non si compie il minimo sforzo di capire come poter comunicare in maniera comprensibile al più alto numero possibile di persone ciò che sta realmente accadendo, cercando di immaginare immediate soluzioni politiche al disastro imminente?
Io l’ho fatto con questo, ma non sono abbastanza “forte” ed autorevole da “imporlo” ad un numero sufficiente di persone ed organismi tale da far scaturire un processo inarrestabile, in grado anche di far emergere i potenziali statisti, certamente presenti nel Paese, che ora non vedono una formazione politica confacente alle necessità della nostra epoca.
Insomma, come non vedere che la grande assente oggi è proprio la politica con la P maiuscola, certo non quella espressa da consessi e fondazioni elitarie, ma costruita fra la gente, in grado di risvegliare o favorire una consapevolezza democratica di base?
Dobbiamo “semplicemente” smetterla di svalutare le persone, per quanto possano essere disorientate: credete che le sorde grida delle loro anime non possano riconoscere un reale e genuino aiuto politico?
Occorre mostrar loro che il vero governo del nostro Paese, oggi, non è quello che pensano sia, e che la narrazione mediatica da una parte fa acqua da tutte le parti, mentre dall’altra sta fomentando una narrazione psico-culturale sull’onda del tecnicismo scientista: occorre mostrare come tutto ciò porterà ad una società che solo fra pochi anni stenteremo a riconoscere, ma che troverà, purtroppo, una generazione preparatissima e totalmente impossibilitata a muoverle una critica seria.
Credo sia ora, definitivamente, di abbandonare il “fideismo evolutivo” e l’illusione di poter gareggiare culturalmente con il sistema, se non in modo organizzato e partendo dalla politica.
Credo sia ora di iniziare a pensare come far comprendere facilmente i diritti che ci appartengono, e come la realtà del giorno d’oggi stia distruggendo l’entità che la storia aveva elaborato per proteggerli ed attuarli: lo Stato di diritto.
Oltre al libro linkato in precedenza, il mio sforzo in tal senso ha dato luce a questo precedente volume, ora in fase di revisione, ed a questa serie di articoli sui 30 diritti umani, tesa a dimostrare come sia possibile una diversa politica dalla parte di ogni cittadino.
Credo sia ora di risvegliarsi dal torpore democratico, tanto caro alle élite, per iniziare a parlare non solo a militanti e “seguaci” sulle ovvie e fondamentali contraddizioni culturali, politiche e giuridiche dei nostri giorni.
Se pensate che il sistema tecnocratico abbia seri ostacoli sul suo cammino, che la presunta “evoluzione” dell’uomo riuscirà a fermare le ultime aberranti convulsioni di un sistema marcio, prima della sua fine, allora avete certamente ragione nel non fare ciò che è necessario.
Se non avete questa certezza datevi da fare, anche considerando che l’avvento della nuova era di “pace sostenibile” potrebbe contenere spiacevoli sorprese, dentro l’involucro seducente della tecnica.
22 aprile 2021
fonte immagine: Flickr