Tratto da: C’era una volta… la meraviglia del cinema
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La relazione creatore-fruitore nell’arte è centrale: la complessa comunicazione che instauriamo con un “oggetto artistico” ha infinite variabili interne alla “linea di comunicazione”.
Tale relazione determina, se così possiamo dire, la “riuscita” stessa della comunicazione artistica.
Il rapporto che si instaura fra i due terminali di questa linea è inoltre filtrato da agenti esterni alla comunicazione stessa, ad esempio amici e media.
Per variabili interne intendo tutti quei fattori intrinseci ai due terminali della linea, come la capacità di essere attenti, di cogliere atti o suggerimenti, o la consapevolezza su ciò che si vuole veramente esprimere, considerando anche un eventuale disinteresse, da parte dell’autore, per cosa possa essere compreso nella fruizione dal fruitore.
Le variabili proprie del fruitore hanno a che fare con la capacità di comprensione, la consapevolezza di ciò che l’autore sta manifestando, condizionate anche dal punto di vista personale e da svariati fattori consci e inconsci.
Fra questi elementi “interni” ne abbiamo uno di fondamentale importanza, non solo per l’autore nel momento dell’esibizione, ma anche per il fruitore stesso: la necessaria capacità di “essere completamente nel luogo in cui è” terminale della linea di comunicazione.
Questa necessaria “presenza”, per essere veramente tale, deve permettere al fruitore di godere appieno della fruizione senza essere troppo condizionato da aspettative, idee fisse, prevenzioni o “sicurezze” di sorta. […]
Se il fruitore non riesce a compiere quest’operazione rischia di non percepire o di percepire altro, di sentire solo cosa vuol sentire o di non capire cosa non si aspetta di vedere, rischia insomma di non entrare in contatto con le possibili sintonie proposte dall’autore.
Rischia insomma, fra le altre cose, di non godersi appieno la creazione data la “pretesa”, più o meno consapevole, che l’autore debba essere in un certo modo, che debba dire sempre le stesse cose, nella stessa maniera.
Oltre a questo, e cosa più importante, si rischia di non riuscire ad esprimere un pensiero su quanto visto o sentito, una pur minima “elaborazione” personale che sarebbe poi, in definitiva, il momento “creativo” più importante dopo quello originario che ha dato forma all’opera: l’arte infatti crea in ogni momento dato che viene pensata, trasmessa, ritrasmessa, assaporata, ragionata e assimilata, più o meno consciamente, fino a cambiare in qualche modo l’altro capo della linea di comunicazione, il fruitore, la comunità dei fruitori, per arrivare alla stessa cultura e realtà in cui l’atto artistico si è compiuto.
In sintesi, potremmo dire quindi che l’arte inizia con una creazione e termina con un’altra creazione, data dal fatto che il fruitore ne resta “modificato”.
5 ottobre 2019
fonte immagine: Wikimedia Commons