Siamo gli unici enti coscienti però guardiamo alla coscienza in modo “incosciente”, privilegiando un materialismo che porta alla svalutazione dell’essere.
Qui il video dell’articolo
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Il tema sarebbe serissimo, ma partiamo in maniera goliardica citando questo articolo da Avvenire del 1° luglio 2023 dal titolo:
La sfida. E il filosofo vinse sullo scienziato la scommessa sulla coscienza. 25 anni fa il neuroscienziato Koch aveva scommesso con il filosofo Chalmers che entro il 2023 si sarebbe scoperto come i neuroni producono la coscienza. Ha pagato con una cassa di porto.
Leggiamo quindi più precisamente:
«Nel 1998, il neuroscienziato Christof Koch aveva messo in palio una ricompensa alcolica con il filosofo David Chalmers, nella certezza che sarebbe stato scoperto entro il 2023 il modo in cui i neuroni del cervello producono la coscienza. Il 23 giugno scorso, in occasione della riunione annuale dell’Associazione per lo Studio Scientifico della Coscienza alla New York University, entrambi i contendenti hanno convenuto pubblicamente che la ricerca nel campo è ben lungi dall’essere giunta a un risultato definitivo e hanno dichiarato Chalmers vincitore. Nessuno nella comunità scientifica ha avuto da obiettare. […] Per tanti secoli è stata associata a un elemento immateriale, l’anima o lo spirito, infine la mente. Ma la scienza contemporanea l’ha dichiarata un fenomeno naturale, che non può sfuggire alle leggi fisiche, e perciò indagabile con gli strumenti utilizzati per esplorare il cervello, dove si pensa risieda. Il giovane Chalmers ebbe l’intuizione di distinguere un “problema semplice”, ovvero trovare le basi neuronali della cognizione – alle quali ci stiamo avvicinando – da un “problema difficile”, ovvero come sorgano da un’entità materiale le sensazioni mentali che non sembrano condividere nessuna proprietà con la loro presunta fonte, ovvero le cellule nervose. Koch lavorava con il premio Nobel Francis Crick ed era attivamente impegnato a identificare i correlati della coscienza, ovvero quelle regioni del cervello che appaiono indispensabili per la presenza dei fenomeni coscienti. Di qui la scommessa che nulla aveva a che fare con le convinzioni esistenziali dei proponenti, dato che il “materialista” Koch era allora un cattolico praticante e il dualista Chalmers – ovvero sostenitore alla Cartesio (più o meno) dell’esistenza di due sostanze – un agnostico».
L’articolo ci racconta in seguito come la “ricerca” non si arrenda sull’obiettivo di “materializzare” la coscienza: infatti arriviamo ai giorni nostri, dove si conferma l’evidenza che il materialismo e lo scientismo abbiano ormai distorto il senso della ricerca proprio sulla questione “coscienza” considerandola ormai non più una “semplice” facoltà dell’essere, ma quasi essa stessa un “essere”, pur senza identità.
Leggiamo infatti l’inizio del breve articolo Il grande interrogativo rimane la coscienza, pubblicato sul Corriere della Sera Salute del 7 luglio scorso all’interno del lungo dossier relativo all’odierna ricerca per capire il cervello, a firma della biologa Elena Meli responsabile del dossier, un incipit che è perfetta cartina tornasole delle problematiche scientiste.
«Se il cervello è un mistero, lo è ancor di più la coscienza. Sfugge perfino alle definizioni: grazie a lei sappiamo chi e dove siamo, pensiamo, sentiamo eppure la coscienza non si può vedere, toccare localizzare. Anche per questo oggi i ricercatori cercano di comprenderla andando oltre le neuroscienze classiche, chiamando in causa fisica quantistica e anche filosofia, psicanalisi, psicologia».
L’attenzione che pongo su questa citazione, ha lo scopo di evidenziare per l’ennesima volta le problematiche di ordine metodologico, i pericoli insiti nello scientismo-materialista imperante, anche quando cerca di sembrare meno materialista aprendosi e chiamando in causa discipline che si rivolgono direttamente all’essere.
Dire “grazie a lei sappiamo chi e dove siamo” denota in effetti una definizione di enti, “noi” e la “nostra coscienza”, ci autorizzerebbe a pensare che la scienza sia consapevole della “non misurabilità” e/o delle diversità nella concezione dell’essere, per cui non può far altro che rivolgersi a una delle sue facoltà.
Potrebbe insomma sembrare che si stia finalmente superando la lunga fase in cui la “scienza” era tesa a vivisezionare ogni capacità dell’essere cercandone la base biologica da cui tutto “doveva” provenire, ma è veramente così?
Intanto ricordo doverosamente che l’utilità di queste ricerche ha da almeno due secoli preso sbocchi inquietanti da un punto di vista democratico, vista l’odierna configurazione del potere laicista necessitante di una teoria psichiatrizzante a fini di controllo sociale.
Per non parlare poi del potere odierno “corporativo-profondo”, così influente e permeante da allungare le mani su ogni centro di ricerca; e come non sottolineare la morente libertà intellettuale, etica e metodologica delle moderne università e degli stessi centri di ricerca: bisognosi di finanziamenti che non giungono dallo Stato, sono quindi pronti a prostrarsi alla big pharma e alle fondazioni che la finanziano, interessi militari inclusi.
Se la nostra cultura non fosse del tutto impregnata e sbilanciata sul materialismo e se la consapevolezza bioetica fosse almeno all’altezza dei diritti umani del ‘48 e delle riforme necessarie nel campo psichiatrico, di cui parlavo qui anche avanzando proposte in tal senso, l’umanità avrebbe da un pezzo detto basta alla contenzione fisica e chimica di un ambito che andrebbe trattato in ben altro modo.
Ma torniamo alla questione dell’apertura alle altre discipline, iniziando subito a far notare il fatto che la coscienza non sfugga affatto alle definizioni come affermato dalla biologa, in tutte le accezioni, i dizionari ne sono pieni!
Ciò che sfugge, in realtà, è un’ubicazione spaziale di questa, che vorrebbe significare la dimostrazione che la “parte senziente” dell’uomo sia riducibile a un qualcosa di materiale, senza investire la questione della sua vera “essenza pensante”, cosa che lascerebbe comunque un vuoto da colmare, ma da altri punti di vista.
Già immagino il giubilo materialista alla definizione di un presunto “centro” della coscienza, le grida di gioia degli alfieri della “scienza”, molti dei quali materialisti belli e buoni, mentre annunciano la definitiva sconfitta dei miliardi di spiritualisti/miracolisti ancorati a superstizioni da “medioevo”.
Certo non servirà ricordare ai paladini della scienza in tutte le salse il cosiddetto “medioevo tecnologico” di implementazione tecnologica e corrispondente “retrocessione” umanistica in cui siamo finiti.
Come già detto, grande responsabilità per tale fase la dobbiamo certamente a quella che sembra una vera e propria incapacità della democrazia, cioè quella di far sì che tutte le ricerche e i finanziamenti restino sotto un reale controllo democratico e trasparente da parte di una società civile matura, informata, abbastanza colta e consapevolmente democratica.
Certo, da lei provengono le specializzazioni capaci della ricerca, ma i suoi risultati vanno alle corporazioni del guadagno e alle entità del controllo stringendo la stessa società civile, di cui sfruttano intelligenza e lavoro, in un abbraccio mortale tecnocratico rivenduto con gli slogan “salute” e “sicurezza”.
Veniamo ora all’obiezione che a tutta prima viene in mente: la scienza non è filosofia e può solo investigare ciò che si può misurare, sperimentare.
Questa logica risposta è ovviamente corretta e appunto si potrebbe rispondere che questo compito è in larga parte già svolto: anche se mancano varie comprensioni relative ai suoi “dialoghi interni”, abbiamo del cervello una mappa più che sufficiente a capire le zone interessate dalle varie attività del nostro pensiero, delle nostre emozioni, percezioni e molto altro, anche se si continua a dire di saperne ancora poco, come nel passo da me preso in considerazione.
Forse perché non vi è ancora stata trovata la coscienza?
La vera questione si comprende appena ci riappropriamo della nostra facoltà complessa, chiamata appunto coscienza, evidentemente superiore in quanto mostra un livello di sintesi e consapevolezza non riducibile alla somma delle percezioni: il vero problema credo sia quindi quello di definire l’essere che ha coscienza e l’interesse per le scienze meno “dure” è un’ammissione del fatto che il “centro della coscienza”, che io riporterei alla “vecchia” parola “spirito”, non può essere riducibile alle parti del corpo e ai suoi meccanismi biologici.
Le discipline chiamate in causa possono dare un’interpretazione, un senso di fondo, proprio come sto cercando di fare io nei miei articoli, ma se si pretende di “ficcare a forza” la coscienza nella realtà materiale, cioè l’essere cosciente solo nella realtà sensibile senza almeno ritenere che possa “appartenere” o “provenire” da qualche altra dimensione, continueremo nell’errore di sponsorizzare quello che si potrebbe chiamare un “monismo dimensionale” lasciando poi inevasa la questione di “cosa” abbia creato l’unica dimensione che esisterebbe e in cui tutto si vorrebbe far avvenire.
Altro errore a cui tali discipline sembrano condannarsi, è quello che cercavo di evidenziare nel precedente articolo: pensare che le “ragioni” e le “direttrici” del nostro essere siano nel cosiddetto “inconscio”, un “luogo” dove ognuno di noi dovrebbe trovare le ragioni dei suoi perché e del comportamento.
Come cercavo di spiegare nell’articolo, ciò è del tutto scorretto in quanto cerca ragioni generali e visioni complesse e complessive in un “luogo” dove vi sono solo depositi automatici pronti ad accendersi a determinati stimoli, di fatto limitazioni dell’essere, certo non immagini della sua essenza.
Insomma, dell’unico ente capace di pensiero, astrazione e creazione, che saremmo noi, non si vuol ammettere che per “trovarne” la vera essenza occorra almeno ipotizzare che si potrebbe dover “guardare” verso l’“alto” dell’immaterialità, non al “basso” materialista e meccanicista.
Ci si impegna nel restare su un terreno apparentemente “razionale”, evitando pragmaticamente slanci spiritualistici e intuizionistici quando poi la materialità non può spiegare tutto, ma tant’è, ormai ci siamo fissati all’idea che la “scienza”, in realtà materialismo bello e buono, debba spiegare tutto a livello materiale.
Ricorro spesso alla metafora automobilistica, perché mi pare assai adatta quando parliamo di “parti” dell’uomo: è come se degli scienziati alieni di una specie biologica liquida, ma intelligentissima, analizzassero un’automobile senza mai averne vista una arrivando a capire tutto, motore, telaio, sistemi elettrici, idraulici, quadro comandi e computer di bordo, ma non capiscano dove sia la “coscienza” che la farebbe muovere, non avendo mai visto un corpo umano.
Ovviamente le molte analisi avranno portato all’idea di un corpo più o meno come il nostro, capace di coordinare i comandi fra mani e piedi, ma non avendone mai visto uno non possono disegnarlo esattamente nei minimi dettagli, ma tanto basterebbe a loro per avere un’idea abbastanza precisa di cosa aspettarsi.
Ebbene, anche la cultura dell’uomo avrebbe da sempre un’idea abbastanza precisa, si chiama essere, spirito, anima, al limite solo la mente per i più materialisti, ma il problema della coscienza mi pare complicato da un materialismo scientista incapace di ammettere i limiti “dimensionali” della scienza, dato che vuole obbligarla a risposte che non appartengono alla sua dimensione materiale.
Ecco allora che questo non accontentarsi, questo bisogno di supremazia, evidenzia il vero problema che non è quello della coscienza, neanche quello del potere cui ho fatto cenno perché è comunque un problema: il vero problema è quello della “realtà” stessa, di cui mi occuperò in un prossimo articolo.
(AI free)
6 agosto 2024
fonte immagine: PxHere
Oltre all’articolo linkato in cui parlo anche della questione “inconscio”, questi sono altri recenti articoli in cui affronto questioni connesse:
https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/04/06/dal-materialismo-imperante-la-narrazione-della-distopia-incombente/
https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/04/20/scopriamo-la-liberta-dello-spirito-puo-salvarci-dalla-tecno-distopia/
https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/05/10/la-materia-non-puo-essere-un-assoluto-e-il-suo-culto-e-gabbia-dello-spirito/