Non sconfiggeremo mai la violenza del potere finché non ne metteremo a nudo la sua più profonda incarnazione psichiatrica.
Pubblicato anche su Attivismo.info, Sfero e Ovidio Network
Sono da sempre sensibile alle istanze dell’antipsichiatria, un movimento comunque variegato che individua nell’istituzionalizzazione e nella violenza psichiatrica, anche in quella “semplicemente” etichettante e stigmatizzante, uno dei punti critici della cultura, della politica e del diritto, in fin dei conti della stessa civiltà.
Guardando di nuovo dopo alcuni anni il film dedicato alla vita e all’opera del nostro Giorgio Antonucci (SE MI ASCOLTI E MI CREDI – Giorgio Antonucci un dottore senza camice), grande medico e grande essere che si inseriva meravigliosamente in maniera assai personale ed efficace alla pari dei diversamente noti Artaud e Thomas Szasz, giusto per fare solo due nomi conosciuti che da vari ambiti e prospettive hanno scritto e lottato coraggiosamente contro la psichiatria, anche subendola sulla loro pelle, non ho potuto fare a meno di agganciarmi alla realtà del presente.
Tale collegamento non è stato indolore, né emotivamente, né politicamente.
Gli ultimi tre anni di soprusi giuridici e politici possono essere compresi solo nella consapevolezza di un fatto ben preciso: ciò che è accaduto e che potrebbe di nuovo accadere, è reso possibile anche per l’atavica insensibilità della cultura, della filosofia, della medicina e della politica per le mancate riforme di ambiti che, al contrario, avrebbero dato un indice di reale progresso civile.
La pur riconosciuta necessità di trasformare il crimine psichiatrico in vero aiuto, è sostanzialmente rimasta su trattati e codici deontologici che, al pari dei diritti umani e della Costituzione, muoiono nell’esatto momento in cui non sono presi in carico dalla necessaria e continua azione attuatrice e riformatrice di una politica consapevole, libera e trasparente.
La cecità della politica sull’errore psichiatrico perdura dal ‘600 sino ad oggi, resa solo apparentemente superata dalla “pulizia farmacologica” di tale settore, che sembra mondare questa pseudo-scienza dalle sue pratiche più aberranti, mai in effetti abolite, come nel caso dell’elettroshock tuttora praticato anche in Italia.
La farmacologia quindi, come pretesa falsa e aberrante di entrare selettivamente con la chimica in un organo plastico e delicato come nessun altro, è il perfetto tentativo di ripulire la psichiatria, ma solo superficialmente, certo non scientificamente, eticamente e filosoficamente dei suoi orrori più visibili e nauseabondi.
Una pretesa del tutto funzionale al moderno sistema di potere basato su un materialismo scientista, tecnicista e tecnocratico che, non pago dei suoi crimini storici, sta per sottomettere l’uomo aggiungendo altri strati di menzogne, stavolta digitalmente artificiali o di egualitarismo anti-identitario e distruttore della famiglia, verso il completamento della distopia transumana.
Come il potere attuale ha recentemente trattato i suoi cittadini da imbelli senza sistema immunitario, da rinchiudere per il loro bene, da sempre la psichiatria tratta l’uomo come corpo senz’anima da costringere con la forza o chimicamente, appena il suo essere minaccia di uscire nei modi più disparati dalle convenienze familiari e dalle tradizioni culturali, civili e politiche, di volta in volta ricalibrate alla bisogna dalla narrazione dominante.
Ecco allora come possiamo vedere la continuità dell’orrore sperimentalista sui bambini nei lager, sui dissidenti nei gulag, nei più moderni e “presentabili” istituti come il Tavistock, recentemente chiuso per gli orrori “transizionali” sui ragazzi, l’ultimo ritrovato transumano in cui evaporare definitivamente ogni speranza di libertà intellettuale e culturale.
Ecco allora che possiamo spiegare come in Parlamento giacciano dimenticate da anni proposte di riforma di quell’abominio giuridico chiamato TSO, proprio quell’istituto sulla cui falsariga di mala interpretazione dell’Art. 32 costituzionale si sono perpetrati i più recenti crimini sociali e civili di massa.
Nel penultimo libro, ora in aggiornamento, cercavo di proporre delle linee guida coerenti con i diritti umani per la riforma dell’ambito della cosiddetta “salute mentale”; le riporto per intero nell’articolo del 2018 Sanità mentale e diritti umani: come difendere i diritti degli ultimi.
Come per tutti gli ambiti, sono ormai una minoranza in via di estinzione gli esseri ancora capaci di gridare alla menzogna e all’ingiustizia, come accaduto con l’Intervista al Professor Pier Maria Furlan, sintetica ma efficace denuncia deontologica, scientifica, filosofica e politica alla psichiatria registrata dal Comitato dei Cittadini per i Diritti dell’Uomo, lo stesso Comitato cui dobbiamo la chiusura dei manicomi italiani.
Due riflessioni a proposito di tale pseudo chiusura: avrebbe dovuta essere compiuta dal 1978, anno della legge che la disponeva, ma avvenne solo nel 1996, dopo le numerose ispezioni sulle strutture manicomiali compiute dal 1993 proprio dal CCDU.
La vittoria fu assai parziale, perché determinò la nascita di diverse strutture e procedure, forse più pulite e meno fatiscenti, non l’eliminazione dello stigma antiscientifico e antiumano della psichiatria, quel “criterio” che Antonucci diceva essere in sostanza il manicomio.
In mancanza di un’adeguata cultura e di una presa in carico da parte della politica per riportare verità e giustizia nei confronti della psichiatria, occorre appoggiare con tutto il nostro essere chi è capace di strappare quante più persone possibili alla follia del sistema.
Infatti, e per concludere: Antonucci era esattamente questo esempio, sulla sua profonda gentilezza e umanità dovrebbe basarsi una riforma dell’aiuto per l’ambito “mentale”, in modo da ricondurlo alla dignità ippocratica, giuridica e relazionale.
Se la nostra civiltà sarà incapace di tale sforzo consapevole decreterà la sua fine, consegnandosi per sempre alle forze e alle forme della menzogna.
(AI free)
4 maggio 2023
fonte immagine: Store Norske leksikon, Spirali, Ibs