Non potremo opporci al pensiero unico dominante appellandoci a diritti umani e Costituzione, se non immettiamo quella forte verità politica necessaria a restaurarne il senso
Pubblicato anche su Attivismo.info e Sfero
L’articolo di Antonio Polito sul Corriere della Sera del 13 dicembre scorso, “Quella tutela della salute nella nostra costituzione”, è la perfetta cartina tornasole dello stato del Paese e delle difficoltà che il movimento dissenziente allo status quo sembra non riuscire a vedere e risolvere.
Perché dico questo?
Perché l’articolo, che tira in ballo diritti umani e Costituzione Italiana, stante la narrazione psico-socio-medical-politica vigente è difficilmente contestabile, a meno di non partire da un insieme di premesse ben precise che però, in mancanza di un riconoscibile e forte punto di emissione politico, che dovrebbe essere necessariamente consistente e unitario a livello nazionale, non avranno mai la possibilità di incidere sulla vita pubblica.
La perdurante assenza del necessario Partito Unitario di Liberazione Nazionale, come da me proposto nell’ultimo libro, ci sta condannando all’impotenza nel veder scomparire velocemente le ultime “vestigia” istituzionali, svuotate di democrazia e implementate con il nascente “regime algoritmico di controllo globale”, privato e sovranazionale.
Ma veniamo all’articolo, che già dal sottotitolo mostra come il Polito tranquillamente si permette di sminuire il movimento, indicandone anche le sue estremizzazioni, ovviamente senza ipotizzare in esse l’opera dei servizi segreti, come se la storia del nostro Paese non abbia mai conosciuto questa “cura”:
Forse per la fragilità di fondo dello schema del movimento no green pass, la sua frangia più sediziosa e disperata non disdegna di ricorrere alla violenza e alla minaccia (in fondo all’articolo il Polito spiegherà di far riferimento alla “rivelazione dell’indirizzo di casa del premier Draghi”).
L’inizio dell’articolo potrebbe lasciar presagire un’esposizione equilibrata, che però rimarrà tale solo all’interno del disegno argomentativo del mainstream al quale noi, come dicevo in premessa, non riusciamo a rispondere in maniera efficace:
Squilibrati e stravaganti a parte, anarchici e neofascisti esclusi, nel movimento contro il green pass c’è anche un filone di matrice liberale che accusa lo Stato di aver limitato o addirittura conculcato alcuni diritti protetti dalla Costituzione, come la libertà di movimento, di riunione, di manifestazione, e così via.
Tutto vero, anche se direi non solo di matrice liberale, ci sono altre matrici che comunque cercano di rifarsi alla Costituzione pur, secondo me, in maniera inutilmente ideologica, caratterizzata da vecchi apparati argomentativi.
Polito continua citando una sua collega, ovviamente senza sottolineare la scorrettezza della sua affermazione, per poi di nuovo apparire come quello comunque consapevole di alcuni rischi:
Molti rispondono a queste critiche segnalandone, per ridicolizzarle, le esagerazioni. E in effetti i no green pass sembrano spesso non saper distinguere — come ha scritto Donatella Di Cesare su La Stampa — un’emergenza sanitaria da un colpo di Stato. È però sempre meglio non sottovalutare i rischi che ogni limitazione delle libertà personali, per quanto piccola, contiene. È vero che da molti secoli il pensiero politico ha definito il «contratto sociale» proprio come la cessione volontaria di alcuni diritti dello stato di natura (quello di farsi giustizia da soli, per esempio) per ottenere in cambio la protezione collettiva di libertà «civili» (per esempio il diritto di proprietà). Anche nella nostra Costituzione, infatti, si prevede esplicitamente la possibilità di limitare alcuni diritti per motivi «di sanità o di sicurezza», come è nel caso della libertà di movimento; purché a stabilirlo sia una legge. Ma è anche vero che nel mondo di oggi lo Stato dispone di mezzi così pervasivi e di tali tecnologie che è sempre meglio stare sul chi va là, per evitare che ne abusi.
Riguardo la possibilità di limitare alcuni diritti, riferendosi alla libertà di movimento, prima dell’emergenza sanitaria si intendevano normalmente zone soggette a problemi ambientali di varia natura, non certo limitazioni alla libertà di movimento tout court.
Ad ogni modo, a parte la battuta della Di Cesare comunque efficace per chi segue il mainstream e non si pone altre domande, la logica del Polito è difficilmente contestabile anche perché, in linea del tutto teorica, si dimostra consapevole dei pericoli insiti in queste dinamiche.
Certo, si deve osservare come il Polito non menzioni il fatto che la disponibilità da parte dello Stato di mezzi e tecnologie assai pervasive sia solo apparente: occupato com’è da interessi finanziari e corporativi globali, il nostro ex Stato di diritto è ormai e soltanto “contenitore” ed esecutore di piani e logiche del tutto lontane dagli interessi del Paese e dei cittadini.
Ad ogni modo, per contestare la logica dell’autore senza apparire irragionevoli ed irresponsabili estremisti, dobbiamo necessariamente iniziare a mettere in discussione varie e fondamentali questioni addirittura precedenti le analisi contraddittorie dei dati, che sarebbero quelle riguardanti la visione sulla vera o presunta “pandemia”, l’opportunità dell’“emergenza sanitaria” e, ancor più importante, il fatto che da decenni siamo sostanzialmente governati con il prefisso “emergenza”.
Per iniziare un serio lavoro di demolizione delle “ragioni” che oggi vogliono farci digerire le violazioni a Costituzione e diritti umani, dobbiamo necessariamente mettere in campo tutta una serie di questioni che sono di ordine filosofico, giuridico e politico, a partire dalla pretestuosa opposizione fra persona-collettività, con la quale si vorrebbe determinare un’artificiosa supremazia comunitaria sulla persona, come cercavo di spiegare nel precedente articolo.
Il Polito continua con il suo ragionamento, apparentemente corretto, citando il suo collega Panebianco e introducendo un altro problema, relativo all’interpretazione di norme e principi:
[…] «temporaneità» e «proporzionalità» dei provvedimenti sono del resto anche i parametri delle corti internazionali, quando si tratti di bilanciare diritti umani in conflitto tra loro. Ed è forse proprio questa la ragione per cui governo e parlamento italiano si sono dimostrati sinora restii a risolvere alla radice la questione, sancendo per legge ed erga omnes (n.d.a.: nei confronti di tutti) l’obbligatorietà delle vaccinazioni.
Lasciando per un attimo la questione sanitaria, credo sia necessario sottolineare come parlare di “diritti umani in conflitto fra loro”, cosa che immagino il Polito potrebbe fare anche riguardo gli articoli della Costituzione, sia un modo distorto di affrontare il problema: non si può ingenerare l’idea che la Dichiarazione Universale sia un insieme di articoli senza un disegno coerente e che il suo articolato, com’è giusto e naturale che sia, non necessiti solo dell’opportuna compenetrazione fra diritti e doveri, ma della più ampia considerazione del suo disegno complessivo.
Questa consapevolezza, che è essenzialmente di natura politica, avrebbe dovuto impedire l’affermarsi di alcuni diritti su altri e mettere nella giusta prospettiva alcune violazioni ai diritti umani, interne ed internazionali, spacciate addirittura per una loro presunta attuazione.
Il seguito dell’articolo verte più specificatamente sull’Art. 32 della Costituzione, la cui interpretazione del Polito, come ripeto, si può demolire solo a patto di iniziare a dimostrare la sostanziale e globale mistificazione di eventi, cifre, statistiche, politiche e punti di vista apparentemente “scientifici”, veicolati da cotanti “professionisti dell’informazione”.
C’è però un articolo della Costituzione che i no green pass raramente citano, se non nella sua seconda parte: l’articolo 32. Sorvolano cioè sul fatto che la Repubblica ha anche l’obbligo costituzionale di tutelare «la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» e di garantire «cure gratuite agli indigenti». Questo vuol dire che se la Repubblica in tutte le sue articolazioni, dallo Stato alle Regioni, trascurasse di mettere in atto tutte quelle pratiche di prevenzione e di cura, desunte anche dalla profilassi internazionale, che possono proteggere la mia salute e quella dell’intera collettività, si renderebbe sicuramente colpevole di tradire la Costituzione. È questo che vogliono coloro che si battono contro il green pass? E come potrebbe d’altronde lo Stato garantire cure gratis a tutti se lasciasse che corsie di ospedale e terapie intensive fossero riempite da soli malati di Covid?
Il Polito ci costringe quindi a tornare sulla questione “diritto dell’individuo-interesse della collettività”, per le quali rimandavo anche al mio precedente articolo: occorre sgombrare definitivamente il campo dall’idea che lo Stato debba agire in modo paternalistico ed autoritario con i suoi cittadini, come accaduto con gli ultimi due governi.
Una doverosa analisi globale sui segnali di una crisi annunciata e preparata, addirittura esercitata per mesi a livello di apparati statali negli USA, immediate autopsie, una sana informazione sul sistema immunitario, una particolare attenzione alle fasce più a rischio: tali misure avrebbero permesso di affrontare agevolmente questa “crisi” che, evidentemente, doveva essere invece “promossa” con tutte le forze possibili.
All’ultima domanda si dovrebbe spiegare come, in ogni caso, se il nostro Paese dall’’81 in poi non avesse regalato la sovranità monetaria alle banche private, il tema delle risorse alla sanità non esisterebbe dato che lo Stato potrebbe permettersi un tenore di servizi assai migliore dell’attuale e, in ogni caso, qualsiasi tipo di investimenti urgenti.
Il Polito continua accusando i critici del governo di:
[…] concentrarsi sulla seconda parte di quello stesso articolo 32, che afferma: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Ma è facile rispondere che il green pass non è un «trattamento sanitario», e non è «obbligatorio»: richiede sì la vaccinazione come condizione per svolgere numerose attività, ma non tutte (si può ancora andare al lavoro o a scuola senza essere vaccinati, fornendo però con un tampone la prova di non essere in quel momento infetti); e in ogni caso la somministrazione del vaccino è soggetta al «consenso informato» come ogni altro trattamento sanitario.
Qui l’autore sorvola sul fatto che da un punto di vista mediatico, di fatto oggi preminente rispetto alle ragioni del diritto ed alla propaganda della politica, il green pass sia assolutamente rivenduto come attinente alla salute pubblica.
Oltre a questo, cercare di sminuire la discriminazione condizionata dei cittadini come se non violasse il rispetto della persona, “dimenticare” il sacrosanto diritto al lavoro o in ogni caso una dignitosa assistenza economica, rendono esattamente l’idea della degenerazione politica, giuridica e istituzionale degli ultimi decenni.
Solo con un fortissimo impulso politico, finalmente orientato ai diritti umani ed a ricostruire lo Stato di diritto, si potrebbe avere una minima possibilità di successo nel tentare di invertire la rotta.
Il mio contributo a tal fine si condensa in questa ipotesi operativa, sempre basata sull’ultimo libro.
A questo punto, il Polito passa alla questione obbligo vaccinale ricordando una sentenza della Corte Costituzionale del 2018, chiudendo con questo commento:
Insomma, se i no green pass volessero vincere davanti alla Consulta dovrebbero dimostrare che la vaccinazione contro un virus che può essere letale viola i limiti del «rispetto della persona umana», o che «incida negativamente sullo stato di salute» del vaccinato. Al momento, sembra davvero un’impresa disperata.
Come abbiamo visto, se le premesse del discorso fossero altre rispetto alla principale narrativa mediatico-politica, l’impresa potrebbe non essere così disperata.
Stendo invece un velo pietoso sulla sfrontata rimozione dei dati scientifici e documentali riguardo ai cosiddetti “vaccini” covid, atta ad occultarne la reale composizione, a far dimenticare gli scudi penali regalati all’industria privata ed ai suoi collaborazionisti, a nasconderne l’oggettiva sperimentazione sulla nostra pelle, ora anche dei bambini con la promessa di arrivare fino ai neonati, la questione morti-effetti avversi, assai più grave di quanto racconta il mainstream e criminalmente non attenzionata dalle autorità sanitarie con la doverosa farmacovigilanza attiva.
Concludendo, non possiamo non vedere come il quadro della situazione visto attraverso l’articolo del Corriere sia assai drammatico, proprio perché la società civile sembra incapace di rispondere, di concepire la NECESSITÀ POLITICA di un’azione tale da riunire il popolo del dissenso in un soggetto unitario nazionale.
Ad oggi, solo il consesso torinese di Generazioni Future sembra poter dare qualche speranza di autorevole incisività, a patto che si imponga una decisa volontà politica e creativa che oggi sembra voler demandare solo ai pochi parlamentari del gruppo misto di “Alternativa”, tutti ex 5 Stelle e coinvolti anche nel governo “Conte 2”.
Coerentemente con le mie proposte linkate in questo articolo, credo che il nostro Paese, ma in effetti tutto l’Occidente, abbia bisogno di una forte, consapevole, unitaria, scossa politica per fermare la tecnocrazia globale che si sta velocemente instaurando sulle ceneri delle Nazioni e dello Stato di diritto.
Abbiamo bisogno che le migliori menti del Paese si uniscano sotto l’insegna dei diritti universali e di uno Stato di diritto che ritrovi la sua missione di garantirne l’attuazione.
Una scossa tale al sistema non può essere generata da pochi parlamentari.
19 dicembre 2021