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I DIRITTI UMANI E LO STATO DELLA CIVILTÀ Articolo 29. Ognuno è responsabile di tutti

massimo franceschini blog

Un articolo essenziale dei diritti umani, che ci invita alla piena responsabilità per ogni essere umano.

Questa la versione AUDIO dell’articolo: https://podcasters.spotify.com/pod/show/massimo-franceschini/episodes/32–Articolo-29–Ognuno–responsabile-di-tutti-e18j9rs

Questa la presentazione della serie audio: https://anchor.fm/massimo-franceschini/episodes/1–Prima-puntata–presentazione-dellautore-e-della-serie-e6mvtt

Buona lettura o buon ascolto!

 

di Massimo Franceschini

 

Articolo pubblicato anche su Attivismo.info

 

Ciao, siamo quasi alla fine del nostro lungo percorso all’interno dei nostri diritti e, come appare del tutto naturale, il penultimo dei 30 articoli si mostra assai conseguente con le aspirazioni dell’intera Dichiarazione Universale. Questo il suo testo:

Articolo 29

1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Dato che viviamo in Stati di diritto, potremmo forse dire che il presente articolo sia superfluo o scontato, purtroppo così non è.

Al contrario risulta assai necessario, oltreché delicato, perché risponde immediatamente a quanti si spingono, per motivi di varia natura, a vedere un’antitesi nella dicotomia diritti/doveri, evitando di coglierne la complementarietà.

Indagare in questa sede le varie motivazioni di questo fenomeno, che vanno dal semplicistico fraintendimento alla malafede più capziosa porterebbe troppo lontano.

Per i nostri scopi credo basti ricordare che già all’articolo “1” la Dichiarazione Universale mette subito in chiaro il fatto che gli uomini debbano “agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”; se uniamo a ciò l’affermazione contenuta nel primo comma di questo punto intesa ad indicare che la dimensione comunitaria è la sola in cui sia possibile il pieno sviluppo della nostra personalità, abbiamo tutti gli elementi per rigettare ogni contenuto inteso ad indicare o interpretare i diritti dell’uomo come un’individualistica e irresponsabile pretesa “liberista”.

Ecco allora che immediatamente appaiono necessarie le limitazioni che la legge pone all’esercizio delle libertà individuali, al fine di assicurare un reciproco rispetto di diritti e libertà: il secondo comma parla infatti di “ordine pubblico”, “benessere generale” e “società democratica”.

Credo sia del tutto chiaro che in mancanza di questi fattori le problematiche sociali possano portare una comunità ad essere non “ordinata”, caotica, a sviluppare ingiustizie sociali e meccanismi di vario tipo che negano pari opportunità e diritti, altrimenti dovuti ad ogni suo componente.

Non si può negare che le incertezze, le ingiustizie ed i vari squilibri che abbiamo visto in relazione all’attuazione di ognuno dei diritti umani, rischiano di sommarsi fino ad annullare le possibilità che le persone possano convivere in modo socialmente “razionale”, giusto, creativo ed armonioso.

All’incertezza e non attuazione di questo diritto, dobbiamo aggiungere quella che è stata una progressiva demolizione della ricchezza culturale dell’uomo, ovvero la “separazione dei saperi” che si è realizzata nell’era moderna con la “vittoria” della tecnica e di una visione totalizzante della “scienza”: ciò ha favorito un “pensiero unico” economicista, materialista, tecnicista e falsamente “progressista”, come abbiamo visto anche in relazione ai diritti alla proprietà, all’istruzione e ad altri ancora.

Oltre a ciò non dobbiamo dimenticare la situazione socio-politica relativa all’attuale globalizzazione, gestita da organismi sovranazionali privati non democratici, finanziari, da banche e corporazioni; per ultime, ma non ultime, abbiamo le tensioni del nuovo mondo multipolare, i cui esiti non sono ancora prevedibili.

La situazione socio-politica sin qui descritta sarebbe incompleta se non tenesse conto di una narrazione mediatica della realtà sostanzialmente falsata e “reattiva”, sbilanciata culturalmente, con una grande vocazione per un intrattenimento intellettualmente povero, principalmente inteso a distrarre: il sistema crea così un “pensiero unico” apparentemente positivo e volto al progresso, teso ad unire su parole d’ordine veicolate da media e cultura che perdono fatalmente qualsiasi vocazione critica, se non superficiale o indirizzata verso falsi obiettivi più adatti a dividere che ad informare o formare.

Fra le limitazioni a libertà e diritti individuali il punto due ammette inoltre, giustamente, una considerazione delle “giuste esigenze della morale”, un ambito oggi sempre più complesso, soggetto alle stesse “cure” prima esposte per la realtà socio-politica e la cultura da parte degli stessi “agenti”: dal senso di laicità, che non dovrebbe confondersi con l’antireligiosità, dal diritto alla vita, che non dovrebbe avallare un presunto diritto a costruirsi tecnicamente dei figli, dalla protezione dei minori, che dovrebbe escludere il fatto di esporli ad invadenze culturali tese a scavalcare la famiglia e l’autonoma esperienza di vita ed affettiva, come la pretesa di ricevere a scuola un’“educazione sessuale” e la novità “gender”, tesa alla sessualizzazione della vita ed alla “fluidificazione” dell’auto-percezione di “genere”.

Sotto le ali corporative private stiamo creando comunità di individui impoveriti culturalmente, eticamente e spiritualmente, “intrattenuti” in modo da assecondare percorsi predeterminati di controllo sociale e individuale, con una concezione della dignità personale deteriorata come mai visto prima, insicuri e personalmente “flessibili”, al pari di quanto è sempre più richiesto da un mondo del lavoro con sempre meno diritti.

La situazione sarebbe quindi potenzialmente esplosiva, socialmente e politicamente, ma il sistema corporativo privato, aiutato dalla tecnica, riesce a dirottare l’attenzione di chi ancora voglia partecipare verso obiettivi apparentemente auspicabili, ma in buona sostanza ininfluenti verso un cambiamento positivo, quando non conservatori.

Questo è uno schema che ormai si ripete da decenni, puntualmente sfocia in un rigetto del sentire e dell’impegno comunitario ed in spinte verso una miope individualizzazione dalle potenziali conseguenze fatali, sia a livello sociale, sia personale: in politica aumenta il disinteresse mentre la sfera del privato è assai esposta, come abbiamo visto, ai miraggi della cultura edonistica e tecnocentrica.

Questi meccanismi fanno sì che si perda qualsiasi possibilità di poter costruire o rappresentare un pensiero diverso da quanto desiderato dalle sfere che governano il mondo globale.

A questo proposito, e ci avviamo alla conclusione con il comma “3”, non possiamo non vedere come la situazione internazionale sia oggi una cosa assai diversa dalla comunità immaginata nei “principi delle Nazioni Unite”, cioè impegnata a mantenere pace e sicurezza fra le nazioni in un quadro di reciproca cooperazione economica e sociale.

Come vedremo meglio con il prossimo ed ultimo dei 30 articoli della Dichiarazione Universale, non potremo mai avere un mondo pacifico e sicuro finché non capiremo e non opereremo tutti affinché ogni nazione abbia verso le altre gli stessi doveri che ogni persona deve nei confronti di ogni suo fratello.

14 dicembre 2019
Questo il bellissimo video relativo all’Art. 29 dell’associazione no-profit: “Gioventù per i Diritti Umani

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