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Da Bibbiano ad una civiltà in declino che non vede le sue contraddizioni
Pubblicato anche su Attivismo.info
(Articolo modificato in quanto, dopo attente riflessioni ed approfondimenti, ho cambiato la mia posizione riguardo a matrimonio fra omosessuali e adozioni; ulteriormente integrato nel marzo 2020 in occasione dell’emergenza sanitaria e nel marzo 2021 per una nuova pubblicazione sul sito della nuova AEM1948.
Il caso Bibbiano, che sta procedendo nel suo iter processuale con il sostanziale disinteresse dei media, è assai complesso e contiene varie problematiche, purtroppo e per vari motivi al di fuori del controllo della società civile.
Uno di questi, è appunto il sostanziale disinteresse o poco interesse, almeno per ora, da parte dei media principali che decidono, ora più che mai, l’agenda informativa e politica.
Ormai da troppo tempo, la narrazione mediatica della realtà non trova un contraltare corretto, equilibrato, etico e di vero servizio al Paese da parte dell’informazione pubblica, pressoché indistinguibile da quella privata.
A peggiorare la situazione, c’è la constatazione del fatto che la maggior parte delle reazioni di giornalisti, politici e commentatori sembra non riesca ad andare oltre una richiesta “giustizialista” o un attacco ad una certa parte politica, senza intaccare veramente le questioni di fondo del sistema in questione.
Al contrario, abbiamo addirittura vari tentativi di trovare delle attenuanti agli indagati che comunque, è bene ricordarlo, dovranno essere giudicati in sede processuale, nella speranza di un processo corretto e non variamente “ideologizzato”, questione per niente scontata.
Cercheremo di capire il perché di questo comportamento da parte di media e politica più avanti nell’articolo, ragioni che vanno oltre l’interesse politico di parte, che pure esiste.
Oltre a ciò, visto che la casistica sembra interessare un discreto numero di magistrati e dato che a sua volta la Magistratura è nell’occhio del ciclone per la grande corruzione interna – caso Palamara e altri, anche qui con interesse mediatico velocemente in discesa –, non abbiamo certezze sul fatto che si arrivi ad una completa inchiesta sul problema relativo a minori, famiglie, affidamenti e tribunali.
Al di là dei reati oggettivi, della corruzione e dei presunti conflitti di interesse, sarebbe opportuno che il caso possa comunque dare il là ad una profonda riflessione sul sistema legale e sul modo in cui lo Stato si “prende cura” dei suoi cittadini.
Purtroppo, nulla garantisce che si possa andare oltre e giungere a quel tipo di approfondimento necessario a capire le vere questioni in ballo, per individuarne, se possibile, gli eventuali rimedi giurisprudenziali.
Oltre a questo, dobbiamo purtroppo supporre che anche se tale processo prendesse corpo, non avremmo alcuna garanzia che verrebbe affrontato con la profondità necessaria.
Ci proveremo qui, in maniera certamente sintetica, con l’intento di lanciare sguardi comunque già abbastanza profondi per stimolare ulteriori riflessioni e un’auspicabile, adeguata azione culturale, politica e giurisprudenziale, non prima di segnalare questa fondamentale pubblicazione della Dottoressa Vincenza Palmieri, su quella che chiama “filiera psichiatrica”.
Iniziamo.
Credo che la riflessione sui “sintomi” del presente, debba partire da alcune necessarie premesse di ordine politico e culturale.
Per essere veramente democratica, dalla parte del cittadino e rispettosa delle sue fondamenta costituzionali, la politica di uno Stato di diritto dovrebbe nascere e crescere “dal” cittadino stesso, consapevole e responsabile.
Per avere una democrazia viva e di alto livello civile, i cittadini dovrebbero essere adeguatamente informati e in grado di comprendere cosa accade realmente a livello culturale, politico, sociale e finanziario, nazionale e globale.
Per avere un quadro siffatto, dovremmo avere una scuola che funzioni, in cui si insegnino di nuovo le basi del linguaggio e di tutta la cultura dell’uomo, senza che siano trascurate le materie umanistiche e l’educazione civica, come avviene oggi nella scuola “tecnicizzata”.
I necessari finanziamenti ed il rispetto dei tempi di apprendimento individuali, sarebbero gli altri ingredienti necessari a far sì che i cittadini possano accrescere cultura, personalità e responsabilità.
Le condizioni appena esposte, potrebbero darci uno Stato di diritto gestito con politiche oneste e trasparenti da parte di tutti e 3 i Poteri dello Stato.
L’amministrazione di uno “Stato ideale”, dovrebbe essere completamente al servizio dei cittadini e sovrana per le questioni interne; la formazione dei 3 Poteri e della rappresentanza popolare dovrebbe essere chiara e non controllata da logge e circoli privati, aperta a tutti gli aventi diritto, assolutamente proporzionale nella sua composizione e nella rappresentanza territoriale.
Ovviamente, dovremmo anche avere un sistema mediatico di elevata fattura, almeno quello statale, lontano dalle logiche dell’intrattenimento commerciale e di show globale che imperversano in ogni espressione artistica e culturale, anche in relazione alla politica.
La lontananza siderale dal quadro appena espresso determina la pessima qualità della “democrazia reale”.
La prima distanza parte dalla parziale o totale non attuazione dei 30 principi definiti nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948: diritti che avrebbero dovuto regolare le comunità e che possiamo tranquillamente individuare come “definitivi” dello Stato di diritto stesso.
Purtroppo ciò non è avvenuto, se non in maniera del tutto insufficiente.
Addirittura, i diritti umani sono stati spesso strumentalizzati per l’ottenimento del loro contrario e, in buona sostanza, per avallare il tentativo anglo-americano di conquista mondiale.
Nonostante ciò, data la loro importanza ed etica universale, i diritti umani hanno svolto il ruolo di collante socio-culturale dell’Occidente.
Purtroppo, la nostra parte di mondo ha così pensato di essere l’avanguardia politica e culturale della civiltà e del futuro, senza vedere cosa si celasse dietro la facciata del cosiddetto “progresso”, consolidato nella distorta interpretazione degli stessi diritti umani.
L’era globale, è quindi caratterizzata da un marcato e particolare allontanamento dai valori che dovevano rappresentare l’evoluzione della politica in senso democratico e partecipato: marcato perché gli Stati Nazionali stanno velocemente perdendo le loro sovranità che sono assunte, con la complicità della politica, da organismi e logge sovranazionali guidate da chi detiene la finanza, il privilegio di stampare moneta e le corporazioni globali.
Ma non è tutto, dobbiamo capire che dietro la globalizzazione si cela ben altro, proprio tornando al modo in cui i diritti umani stessi sono stati “abusati” e “pervertiti”.
Una strumentalizzazione che si realizza continuamente, nella “dimenticanza” di quei diritti fra i 30 più “sociali” e “politici”, e nell’ipocrita forzatura di quelli più apparentemente “individuali”: ciò che si ottiene, come vedremo più avanti, è un controllo più stringente della persona e del suo stesso pensiero da parte delle élite tecnocratiche.
Se non afferriamo bene cosa si sta giocando sulle nostre teste a livello culturale, sociale e politico non riusciremo nell’opera, già estremamente difficile, di arrestare quello che infatti si prefigura essere il tipo di “controllo” che il potere eserciterà nel prossimo futuro, di cui già oggi possiamo vedere ben più di semplici avvisaglie con la cosiddetta “emergenza” sanitaria.
Prima di continuare, due veloci ma necessarie considerazioni: la prima sulla globalizzazione, la seconda appunto sul potere.
Riguardo la globalizzazione, credo sia utile capire cosa si debba intendere con questo termine e individuare il fattore che più di tutti l’ha favorita.
L’uomo è infatti naturalmente portato alla “globalizzazione”, non solo nei modi violenti di assoggettamento da parte del “più forte” ma, soprattutto, dalla sua stessa natura creativa, dall’esigenza di scoprire, comunicare e scambiare, non solo prodotti, ma idee e cultura.
A mio parere, ciò che si dovrebbe intendere oggi con globalizzazione a livello politico, economico e sociale, è la particolare pretesa da parte delle corporazioni globali, i soggetti dotati oggi di più potere anche rispetto agli Stati, sempre meno sovrani: quella di controllare ogni singola persona ed il pianeta, trasformando il mondo in un mercato globale per merci, capitali e uomini servendosi, come vedremo, non solo della corruzione della politica, ma anche di un ben preciso piano culturale.
Questa pretesa, è certamente perseguita favorendo la conquista del “potere visibile” da parte di una nuova oligarchia politica al servizio delle corporazioni stesse: la stragrande maggioranza dei “rappresentanti” che pensiamo di aver “liberamente” eletto.
Conquistata la politica, il mercato globale prevede necessariamente, oltre alla distruzione e/o trasformazione del tessuto produttivo non ancora in mano alle corporazioni e dei diritti del lavoro dei singoli Stati, l’uniformazione di stili di vita, valori, desideri, cultura ed altro ancora.
Come dicevo, questi processi portano ad interrogarci sul Potere, sulla sua natura e sulle sue vere necessità.
Riguardo alla natura possiamo dire che sia storicamente molto varia, almeno a livello formale: dal teocratico al repubblicano, dal totalitario al democratico-liberale, solo per fare degli esempi.
La vera necessità del potere è, ovviamente, il “controllo”, termine che non si deve associare necessariamente all’accezione negativa del termine: le comunità si danno regole, creano, eleggono o si sottomettono, nei regimi autoritari, a quanti credono capaci di esercitare un controllo in modo che la comunità stessa possa continuare a vivere e prosperare, o almeno come la comunità pensa sia utile ed opportuno.
Più il potere si connoterà in senso autoritario e totalitario, più il suo “controllo” avrà esigenza di soggiogare ed incasellare vitalità e libertà dei cittadini, di determinare la vita del singolo e delle comunità sin nei minimi dettagli a cui riesce metter mano, fino al suo pensiero.
Anche se potrebbe non sembrare, oggi viviamo in uno dei sistemi autoritari e totalitari più infidi e pervasivi: infido perché si presenta come democratico e liberale, mentre è privato e tendente al totalitarismo liberista, pervasivo perché la filosofia dominante su cui si basa riesce, come poche altre, a determinare ogni aspetto culturale, del pensiero e del vivere civile.
Questa pervasività, in buona sostanza, è permessa innanzitutto dall’aver lasciato campo libero ad una visione integralista che innalza scienza e tecnica ad enti da “adorare”, anche se soggiogate ai voleri corporativi del sistema bellico, finanziario e industriale.
La tecnica e la conseguente accelerazione della globalizzazione hanno permesso, inoltre, che profondi cambiamenti culturali si potessero determinare con una velocità mai vista prima: in pochi decenni l’immagine dell’uomo, dei suoi valori, delle sue relazioni e destino hanno subito una trasformazione rapida, sostanziale ed inquietante.
Scienza e tecnica hanno di fatto soppiantato l’autorità culturale della filosofia e della religione: più precisamente, una visione totalizzante della “scienza” ha spodestato ogni pensiero non tecnico-materialista, mentre la considerazione e l’uso dell’elettronica hanno compiuto un’apparente “sostituzione” del pensiero stesso, in ogni suo piano.
Diversamente dal passato, data la velocità dei cambiamenti permessa dalla tecnica, la cultura dell’uomo non ha avuto il tempo per assorbire, integrare e sintetizzare le “novità” in qualcosa a lui confacente e positivo: sul tema si è scritto e dibattuto moltissimo, ma di fatto, alla riflessione sulle reali conseguenze della tecnica è stato impedito politicamente di giungere alle necessarie conclusioni ed a misure, se non di facciata, che permettessero il controllo politico sulla stessa.
L’integralismo scientista, ha così dato il là al tecnicismo che invade tutte le attività ed ogni ambito della conoscenza, relegando in un angolo i campi del sapere che mal si adattano allo scientismo ed al tecnicismo stessi.
Per riassumere ed aggiungere un tassello importante al quadro, possiamo affermare che: il tecnicismo ha permesso la diffusione globale dello scientismo, in una cornice culturale e di sistema che prevede un’informazione parziale e funzionale al sistema stesso, ed una cultura sostanzialmente materialista.
Il tutto realizzato con le fattezze di uno show che coinvolge anche la politica, una poderosa industria dell’intrattenimento di bassa qualità culturale, ma di grande appeal tecnologico e coinvolgente ogni livello: individuale, sociale, politico, fisico, emotivo e mentale.
Dobbiamo quindi ben capire che scientismo e tecnicismo, in qualche modo perversioni di scienza e tecnica, servono al potere moderno che si connota come apparentemente laico, ma in buona sostanza materialista e antireligioso: abbiamo quindi la tecnocrazia, sostenuta dal cosiddetto pensiero unico dominante veicolato dai media globali e dalla politica sottomessa alle corporazioni.
Ecco allora che possiamo completare il quadro della globalizzazione: una particolare forma di potere corporativo privato globale, il cui controllo sull’uomo e sulle comunità è permesso dalla tecnica e da una particolare cultura che investe la persona stessa, nella sua essenza.
Per ottenere il perfetto controllo, tecnicista e antitetico a quello costruito dalle religioni-sistema, si è sempre più ricorso ad un sostanziale materialismo, del resto già culturalmente vincente negli ultimi secoli: le conseguenze di ciò sono così devastanti, perché portate fino al profondo della coscienza e delle relazioni umane, anche permeando visioni della realtà che si definiscono “olistiche”.
Tutto ciò richiedeva la distruzione dei “vecchi valori”, ma non solo: per meglio controllare l’uomo e la comunità era necessario iniziare un’opera culturale di demolizione dell’individuo stesso, di ri-definizione e ri-modellazione del senso delle sue azioni, delle sue idee, della consapevolezza sul suo essere, della sua identità, della sua dignità e dell’istituzione familiare, fondamentale per una sopravvivenza “naturale”, a misura della specie stessa.
Per molti ambiti, quest’opera di “controllo” si poggia sull’uso strumentale dei diritti dell’uomo, valori che al contrario, se attuati coerentemente e integralmente, risolverebbero la maggior parte dei problemi dell’era moderna, di molte “rivendicazioni” gonfiate ad arte, di svariate questioni che si vogliono affrontare nel nome dei diritti umani stessi, senza pensare al fatto che la loro “soluzione” non può scaturire dalla non considerazione complessiva di tutti i diritti umani, che sono 30.
Vediamo ora alcune tappe che hanno determinato l’attuale quadro culturale e sociale:
– la separazione dei saperi e la sostanziale sottomissione della filosofia e del pensiero alla tecnica: ciò ha comportato una scuola impoverita, privatizzata e tecnicizzata;
– la sponsorizzazione dell’evoluzionismo, dato ancor oggi come teoria comprovata e comunemente accettata, nonostante sia stata scientificamente demolita, cosa in sé poco grave se non avesse ingenerato diverse idee tipiche della modernità, come ad esempio: l’uomo verrebbe dalle scimmie e sarebbe sostanzialmente guidato da istinti animali, egoistici e antisociali, un essere esclusivamente biologico con un’etica utilitaristica sia in ambito personale, sia a livello economico e sociale: ciò ha comportato lo sviluppo di nuove “discipline” e concetti che hanno preso il sopravvento su altre visioni del mondo e dell’uomo, sbilanciando cultura e relazioni sociali: materialismo, approccio sostanzialmente fisiologico all’uomo, psichiatria-psicologia/liberismo-mercatismo-neuroeconomia;
– la sostanziale giustificazione o “soluzione”, peggiore del problema, riguardo alla società divisa in classi, che dovrebbe essere guidata dai più capaci e “illuminati” o dal “popolo”: come risultato abbiamo uno Stato di diritto solo virtuale, liberismo o comunismo, oligarchie politiche e tecnocrazia;
– negazione dell’anima, data l’impossibilità di una sua misurazione in laboratorio: ciò ha portato nuove ideologie sulla natura dell’uomo che escludono ogni ambito spirituale e diventano esclusivamente biologiche, la sfera del “mentale” è concepita e trattata partendo dal determinismo biologico: abbiamo così psicologia, psichiatria, industria farmaceutica, eugenetica, grossi problemi e violazioni nella sfera della bioetica/biopolitica;
– sostanziale negazione dell’amore, e la sua definitiva separazione/identificazione dal/con il sesso, sessualizzazione dell’individuo in ogni fase evolutiva e della società: ciò ha prodotto pornografia, legalizzazione della prostituzione, libertà sessuale, sesso vissuto come esperienza edonistica a-emotiva e a-relazionale, aborto, aberrazioni sessuali pubblicizzate nei gay pride, sessualizzazione dell’identità personale e contemporanea de-responsabilizzazione dell’ambito sessuale, pretesa della scuola di istruire sessualmente indottrinando gli adolescenti sull’intero menù delle pratiche sessuali, spacciato come “educazione all’affettività”, sdoganamento progressivo della pedofilia;
– sottomissione della diversità biologica maschio/femmina alla nuova ideologia di “genere”, demonizzazione del maschio che sarebbe per sua “natura” violento o prevaricatore: ogni tipo di considerazione o accenno alla diversità sessuale fra uomo e donna, anche se non “sessista”, diventa così stereotipo di genere da condannare e combattere; ogni considerazione contraria all’opportunità di considerare le unioni omosessuali alla stessa stregua della famiglia naturale, anche solo per gli ambiti della procreazione e delle adozioni, viene etichettata come discriminazione omotransfobica; l’identità dell’uomo tende a femminilizzarsi, quella della donna alla mascolinità; l’identità stessa assume una marcata “sessualizzazione” con la definizione di tutta una serie di nuovi “generi” che vanno ben oltre la divisione maschio/femmina, eterosessuale/omosessuale; la definizione stessa della sessualità non sarebbe data dalla natura, ma dalla “percezione” individuale, sin dalla giovane età, che può restare “liquida”, da assecondare fino alle estreme conseguenze transgender per la salute e la psiche della persona, anche a partire dall’adolescenza, nonostante l’elevato tasso di suicidi per chi accede a queste pratiche; come risultato di questo quadro abbiamo: femminismo di rivalsa, distruzione della famiglia naturale, ideologia gender, lgbt, lgbtq, ecc. ecc., da insegnare nelle scuole e proteggere legalmente, progetti di legge tesi ad annullare la libertà di pensiero in tema gender, pretesa psichiatrica etichettante presunte “fobie” legate ai “generi” sessuali, disforia di genere, transgenderizzazione, anche con il blocco della crescita per gli adolescenti;
– separazione della procreazione dalla coppia naturale, per consegnarla al tecnicismo più sfrenato o al commercio della maternità surrogata, altrimenti detta “utero in affitto”: abbiamo così la sostanziale distruzione della famiglia, pratiche di eugenetica, violazioni di diritti nella sfera bioetica/biopolitica;
– sostanziale abdicazione da parte del Giudice del suo ruolo di “perito dei periti” per quanto riguarda ogni tipo di valutazione sulla vita, in generale e su comportamenti personali e familiari che potrebbero essere reati o meno, e la consegna di questo ambito a “consulenti” delle “scienze” con il prefisso “psico”: ciò produce continuamente sentenze paradossali, applicazioni di attenuanti impossibili da dimostrare scientificamente, non ascolto dei minori o errate valutazioni delle loro affermazioni, violenza emotiva sui minori, distruzione di famiglie;
– il nuovo “dio-tecnica”, oltretutto privato, trova sempre meno ostacoli politici, giurisprudenziali e culturali all’implementazione delle applicazioni tecnologiche in ogni ambito e momento della vita, del fine-vita, del pensiero, della coscienza, del controllo: ciò permette la proliferazione di psicofarmaci, droghe, applicazioni psico-biotecnologiche, robotica per ogni attività umana, anche sessuale, internet delle cose che permetterà un controllo sociale sempre più invasivo, come già in Cina, sentenze di “vita” o di morte che scavalcano o assecondano, ma solo in caso di richiesta di morte, la volontà della persona o l’ambito famigliare sul fine-vita, seri problemi relativi nell’ambito della bioetica/biopolitica. A tutto ciò, dobbiamo aggiungere il “provvidenziale aiuto” delle tecnologie di controllo “giustificato” dalle “pandemie”, naturali o provocate. Con l’emergenza sanitaria abbiamo la perfetta giustificazione per ulteriori diminuzioni di libertà e diritti: la paura indotta è il fattore di maggior presa sull’opinione pubblica, molto più efficace e “presentabile”, ad esempio, del “vecchio” terrorismo;
– progressiva sottomissione di ogni aspetto politico, artistico, culturale e sociale alle corporazioni private dell’intrattenimento e dell’evasione: abbiamo così un’industria del controllo, un pensiero unico dominante, un’informazione parziale e guidata culturalmente, una mediatizzazione di ogni ambito del vivere, reality show, intrattenimento distraente e superficiale ma di grande appeal tecnologico, emotivo e mediatico, cultura della droga “ricreativa”, legalizzazione delle droghe, via libera all’industria farmaceutica e non per ogni tipo di ricerca su sostanze atte a modificare l’integrità psico-biologica della persona o ad integrare, fino alla completa fusione, l’uomo con le macchine e l’intelligenza artificiale, transumanesimo, post-umanesimo.
Quella che abbiamo appena visto è una breve carrellata di argomenti che va a completare le considerazioni precedenti: un elenco già sufficiente a farci capire che il dominio della tecnica, l’apparente libertà e la violenza di una giurisprudenza che non segue i diritti umani stanno distruggendo la persona, la famiglia e lo Stato stesso, per consegnarci ad una tecnocrazia pervasiva mai vista prima, una distopia su cui molti hanno cercato di metterci in guardia, uno su tutti Orwell.
Per tornare al punto di partenza, vediamo come il caso “Angeli & demoni” di Bibbiano, sul quale, ripeto, si deve comunque attendere il corso della legge, si inserisca chiaramente all’interno delle questioni qui sollevate, non solo riguardo al nostro Paese ma, più in generale, all’azione del potere nella modernità.
Anche se la parte più visibile del caso è certamente il sistema corruttivo fra associazionismo, magistratura e politica, dobbiamo interrogarci sul motivo delle decisioni spesso incomprensibili dei giudici permesse, a mio modo di vedere, non sempre/solo dalla corruzione, ma dalla più generale non comprensione della giurisprudenza riguardo la questione più a monte che, come ho cercato di dimostrare, è culturale: l’esagerata, ma assai “comoda” e strumentale dignità scientifica che la nostra epoca ed i poteri costituiti riservano ad ogni “scienza” che abbia il prefisso “psico”, un’autorità mai sottoposta ad una seria verifica culturale, storica e giurisprudenziale.
La moderna inquisizione delle psico-“scienze” prevede il controllo “politico” della cultura tramite il sopravvento del tecnicismo materialista, lo stigma di ogni comportamento “diverso”/scomodo, ma anche del suo contrario, il controllo del pensiero e del comportamento necessari al governo nell’era del consumo edonistico, dell’intrattenimento e della distrazione di massa.
Psichiatra, psicologo ed assistenti sociali, diventano troppo spesso perfette e indiscutibili guardie del moderno potere laicista, si arrogano la pretesa di appartenere al mondo della scienza per l’ambito del pensiero e, più in generale della persona, nonostante il fatto che la sfera mentale e comportamentale non sia una “macchina” che si possa pesare e misurare in laboratorio: andare oltre al fatto statistico, comunque discutibile, od alla pura speculazione filosofica e pretendere di giudicare e/o stigmatizzare il comportamento di una persona, di un bambino, di una famiglia ed avere un’acritica considerazione di tutto ciò da parte del mondo scientifico e dei tribunali, è situazione che stride con la logica, con la deontologia medica, professionale e con i diritti umani.
La cultura “progressista” che permette e legittima tutto ciò, deve essere messa sotto accusa e smascherata nella sua ipocrisia, che oltretutto nasconde un uso strumentale e viziato dei diritti umani.
Detto ciò, non dobbiamo compiere l’errore opposto: quello di rispondere alla strumentalizzazione progressista ed alle ingiustizie dei tribunali, forzando l’equilibrio che solo i diritti umani stessi possono dare.
Dobbiamo individuare la vera “aberrazione” della legge, che certo non può essere quella di demonizzare gli omosessuali o i “diversi”: l’omosessualità esiste in natura, pur se minoritaria, non è una “malattia” ma solo un fatto personale che l’individuo deve gestirsi privatamente, senza essere soggetto a ideologismi di varia natura e interferenze autoritarie e, certamente, senza a sua volta pretendere di imporre un’ideologia come quella “gender”.
Non esistono in materia seri argomenti filosofici, etici e scientifici che possano determinare l’omosessualità in sé come “malattia”, o condizione che possa causare diminuzione di dignità e/o consapevolezza, capaci di giustificare una riduzione nei diritti civili, almeno in assenza di reati.
Uno Stato di diritto che pretendesse definire o dimostrare l’amore omosessuale come “diverso”, “inferiore” o “meno degno” di quello etero, compierebbe un crimine autoritario uguale e contrario a quello che compie, ad esempio, togliendo i bambini a famiglie che non hanno sufficienti mezzi per vivere.
Il nodo del problema, è invece la questione del matrimonio fra omosessuali e delle adozioni, anche per il loro mercato da investigare e regolare diversamente.
Anche in questa sede, comunico di aver cambiato posizione in merito, dopo varie riflessioni ed approfondimenti: credo che per ottenere un punto di equilibrio corretto e in linea con i diritti dell’uomo, non si debba negare un qualche tipo di unione fra omosessuali, fermo restando che per famiglia si debba comunque intendere l’unione fra un uomo e una donna, “il nucleo naturale e fondamentale della società”, come da diritto umano numero 16.
Questioni ancor più importanti sono quelle relative alla procreazione e all’adozione.
Vediamo infatti come, proprio sulla procreazione, rientri in ballo la genuflessione verso la tecnica: la vita deve essere un ambito sacro, a nessuno dovrebbe essere permesso di “giocarci”, ad ogni livello, se non per reali scopi medici.
Gli omosessuali e le coppie etero che non possono procreare, dovrebbero farsi una ragione della loro realtà e non ricercare quello che diventerebbe, a tutti gli effetti, un “prodotto” della tecnica, se di laboratorio, o di una pratica indegna come quella chiamata procreazione assistita.
Oltre a questo, e più in generale, non possiamo non considerare che un bambino è di fatto una persona, non una “proprietà” della famiglia che, oltre alla naturale cura e amore, ne ha responsabilità fino alla maggiore età.
D’altro canto, non si dovrebbero appoggiare i tentativi politici di spostare la responsabilità legale dei figli dalla famiglia allo Stato, anche per ogni questione più o meno “sanitaria”.
Tornando all’impossibilità di procreare, non considerare l’adozione un’opzione “adeguata” può essere, a ben vedere, espressione di un sentire assai “materialista” sulla questione.
Anche le difficoltà burocratiche nell’adozione andrebbero quindi investigate e riconsiderate per capire il business sull’argomento e, di nuovo, valutare la reale legittimità e autorevolezza degli esponenti delle psico-“scienze”, che hanno in mano la questione.
Altro punto su cui trovare l’equilibrio, è quello della difesa dei diritti degli omosessuali: hanno già, potenzialmente, tutta la protezione legislativa necessaria, a partire dai diritti umani in giù.
Spacciare per difesa dei diritti tutto lo show commerciale e indegno con cui si manifesta apertamente ogni aspetto della sessualità, anche i più aberranti, sovraespone la sessualità stessa: un ambito non più importante di altri da un punto di vista personale, di “essere” e di “coscienza”.
Per non parlare dell’istruzione sessuale e gender nelle scuole: la scuola ha ben altre “gatte da pelare”, dovrebbe smetterla di intromettersi e confondere i ragazzi con ideologie che non hanno sostanza filosofica, etica e scientifica, per un ambito che deve restare personale, famigliare ed esperienziale.
Con le problematiche sin qui esposte, con il “caso Bibbiano” e con quelli che eventualmente seguiranno, scopriamo definitivamente e di nuovo la vera farsa, che rappresenta uno dei gravi problemi che affliggono la scuola e i tribunali nell’era moderna: la devoluzione di questi ambiti a psichiatri, psicologi e consulenti, che in sede processuale si compie con la sostanziale rinuncia da parte del Giudice del suo ruolo di “perito dei periti”.
Più in generale, la questione riguarda tutto il sistema giustizia: dall’alto di “scienze” assai lontane dal metodo scientifico e dagli standard medici di laboratorio, gli “esperti” trovano così “giustificazioni” a reati che automaticamente diventano meno gravi, demolendo così la giustizia stessa, la fiducia nella legge e, cosa più importante, l’unica opportunità che ha il reo stesso di riabilitarsi recuperando la sua dignità e integrità personali: quella di sapere che tramite un tribunale la comunità ha deciso che i suoi reati l’hanno danneggiata, che lui ne è principalmente responsabile e che, fino allo sconto della pena, il tempo della sua vita non gli apparterrà completamente.
Solo da questo punto fermo, e con un adeguato periodo in cui il reo sia obbligato a mettere il suo lavoro al servizio della comunità che ha danneggiato – certamente nel modo più rispettoso possibile dei suoi diritti umani – potranno crearsi le condizioni della sua riabilitazione personale: l’unica possibilità per un sistema fermo, ma giusto, di restituire alla comunità un cittadino onesto.
Questo dovrebbe essere lo scopo della legge in uno Stato di diritto, traguardo contro cui evidentemente si frappone, nonostante le intenzioni ufficiali, tutto un sistema culturale, giornalistico, politico e psichiatrico-psicologico.
Insieme ai vari tecnocrati, la psichiatria ed i suoi “caporali” assistenti sociali rappresentano, di fatto e senza generalizzare, il braccio armato del disegno esposto in questo articolo: la sudditanza della politica e delle comunità alle corporazioni.
La corruzione della politica va quindi a sommarsi alla non autorevolezza etica e scientifica dei “consulenti” in questioni comportamentali e familiari, formando un quadro “legale” in cui si permette ogni sorta di violazioni “politiche” dei diritti umani: dalle misure di “salute pubblica” dirette dall’industria farmaceutica, ai trattamenti sanitari obbligatori che violano i diritti dei più deboli e svantaggiati, alla sottomissione con psicofarmaci di milioni di persone che avrebbero bisogno di ben altro aiuto, dalle bizzarre sentenze per crimini di varia natura a cui si antepone arbitrariamente ogni sorta di “incapacità”, alla pretesa di definire azioni, emozioni e “patologie” in ambito scolastico e famigliare, alla sottomissione delle famiglie con problemi all’indiscutibile sentenza sul destino di ragazzi e adolescenti, lasciati così in balia di problemi e giochi indicibili sulle loro teste.
Ecco, in poche parole, lo spettro del pensiero unico dominante foriero del regime tecnocratico di controllo globale prossimo venturo, un pericolo che i media si guardano bene dal denunciare, violando così la funzione di vigilanza su democrazia e diritti che dovrebbe avere una libera informazione.
Ecco servito il disastro annunciato da decenni dai veri difensori dei diritti umani: lo Stato, in mano ad una politica e ad una magistratura sottomesse alle élite, si fa strumento tecnocratico di asservimento politico, sociale e finanziario delle comunità alle corporazioni; a ciò si aggiunge la demolizione di identità e dignità individuali data dalla delega agli “psico” dell’intero ambito della coscienza e del comportamento e, come ciliegina sulla torta, ecco la teoria gender nelle scuole, ultimo tassello di un percorso partito dalla cosiddetta “liberazione sessuale”.
Come affermato in precedenza non dobbiamo mai dimenticare che al potere interessa il controllo: quale migliore cultura di quella che spinge per l’annullamento delle differenze sessuali, che in sé non avrebbero alcun tipo di problema o “controindicazione”?
Creare il caos emotivo sin da piccoli e favorire un’identità “liquida” per un aspetto della personalità del tutto sovraesposto rispetto agli altri, ma continuamente stimolato come quello sessuale, è un raffinato metodo di controllo per individui che imparano così a non definirsi in ogni senso, a sviluppare una concezione del proprio essere “sfuggente”, virtualmente “non etica”, certamente meno responsabile.
Ciò che non si capisce, o non si vuol vedere, è la “regola” che scaturisce da tutto ciò: meno responsabilità per la persona, più responsabilità per il potere.
Per concludere, e in definitiva: finché la cultura non inizierà a fare i conti con la moderna separazione dei saperi, con il predominio della tecnica e con la pretesa delle psico-“scienze” di mettersi a livello delle scienze esatte, non arriveremo molto lontano.
All’interno del disegno etico complessivo dei diritti umani c’è posto per tutti, forzarne lo spirito per imporre ideologie è il metodo con cui si potrebbe instaurare il regime tecnocratico di controllo globale, apparentemente ed ipocritamente fondato su quei valori che più l’avrebbero dovuto ostacolare.
27 luglio 2019 (ultime modifiche ottobre 2020, marzo 2021)
fonte immagine: Wikipedia
Per approfondimenti sul tema gender: https://www.massimofranceschiniblog.it/2018/04/06/diritti-umani-e-gender-comprensione-non-mistificazione/
Per approfondire le tematiche relative alla famiglia: https://almassimofranco.blogfree.net/?t=5835826
Sulle tematiche relative alla scuola: https://almassimofranco.blogfree.net/?t=6059344
Suggerimenti per una profonda riforma della sanità per quanto riguarda la “salute mentale”: https://www.massimofranceschiniblog.it/2018/08/14/sanita-mentale-e-diritti-umani-come-difendere-i-diritti-degli-ultimi/
Sul recente caso Noa e la psichiatria: https://www.massimofranceschiniblog.it/2019/06/09/diamo-ancora-credito-alla-psichiatria/
Sul regime di controllo tecnocratico: https://www.massimofranceschiniblog.it/2019/01/28/i-30-diritti-umani-unica-difesa-dal-regime-di-controllo-tecnocratico/