Non sarà uno psicofarmaco a salvare il nostro futuro
Un breve articolo di Paolo Di Stefano sul Corriere Della Sera di oggi dal titolo Dimenticare Platone con la pillola della bontà, ci informa delle ultime allucinanti ricerche della cricca psichiatrico-farmacologica.
Sembra che i ricercatori della University of California di Berkeley e San Francisco abbiano “testato su un campione di 35 persone un farmaco in grado di produrre artificialmente sentimenti di bontà”.
I risultati dello studio “[…] dimostrerebbero che il «tolcapone» contribuisce ad aumentare il tasso di equanimità per esempio nella distribuzione di denaro agli sconosciuti e a rendere più sensibili alle iniquità sociali”.
Sappiamo già che lo psicofarmaco è da anni il business più grande dell’industria farmaceutica, il tema è quindi attualissimo dato che le maggiori Università del mondo stanno puntando molto anche sulle neuroscienze, fornendo così all’industria nuovi ambiti da manipolare.
Riporto per intero tutta la seconda parte dell’articolo, poi capirete perché.
Dunque, tra poco verrà distribuita in tutte le farmacie del globo la “pillola della bontà”? Niente più stupratori e infanticidi? Niente più ladri e razzisti? Niente più concussori, corruttori e corrotti? L’Italia recupererà finalmente i leggendari 60 miliardi delle malefatte risolvendo per via farmacologica tutti i problemi di Pil? Il doping dell’anima, della generosità, della magnanimità, della giustizia e delle virtù cardinali. Platone, Aristotele, San Tommaso e Sant’Agostino, Hobbes, Kant e Nietzsche, eserciti di pensatori e teologi annientati per sempre da una combinazione chimica, dal viagra dello spirito capace di potenziare la nostra moralità? Il calo di bontà paragonabile alla disfunzione erettile. Lo si assumerà mezzora prima di strozzare un bambino, di violentare la vicina di casa, di rubare una mela al supermercato? Oppure basterà una lontana avvisaglia, un turbamento, per correre dal medico della mutua e poi nella farmacia più vicina? Lo slogan pubblicitario è già bell’e pronto. Ce lo presta Oscar Wilde: “Fino a ieri riuscivo a resistere a tutto tranne che alle tentazioni, ora anche a quelle: con «tolcapone» non c’è Al Capone che tenga […]”.
Sembra un commento adeguato, arguto e inappuntabile, in grado di suscitare l’ilare sdegno del lettore, vero?
A me non sembra proprio, è a dir poco insufficiente, persino ipocrita.
Forse l’autore non sa che il pericolo paventato è realtà già da decenni?
Non conosce i letali psicofarmaci prescritti per ogni disturbo inventato, anche per i bambini, nel molto discusso DSM?
Non sa della mostruosità giuridica contraria ai diritti umani dei trattamenti sanitari obbligatori?
Non sa della totale a-scientificità delle diagnosi psichiatriche e della psichiatria stessa?
Non vede le contraddizioni degli esperti psichiatrici di parte invadere le aule di giustizia?
Non vede la corresponsabilità dei media che li ospitano nel creare un habitat culturale di pauroso conformismo para-scientifico?
Non conosce le altre abominevoli ricerche su farmaci per dimenticare i ricordi negativi e sostituire qualsiasi tipo di psiche-terapia e sforzo intellettuale di auto guarigione?
Non sa delle allucinanti teorie di Savulescu e Persson nel libro Inadatti al futuro, la necessità del potenziamento morale e di quelle altrettanto inquietanti che girano nell’Istituto dell’Umanità Futura di Oxford, di cui mi occupai qui?
Sembrerò ingeneroso, la maggior parte degli altri intellettuali tace, è vero, almeno lui ha detto qualcosa.
Il fatto è che non basta più qualche flebile voce dal tono pacato, occorre che il mondo della cultura umanistica si dia una svegliata, ha già abdicato da troppo tempo all’imperante, amorale e inumano scientismo tecnicista.
21 marzo 2015
fonte immagine: Pixnio